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GRASSI Luigi Maria

1887 - 1948 Vescovo di Alba dal 1933 al 1948

Monsignor Luigi Maria Grassi è ancora ricordato soprattutto come vescovo dei partigiani e il vescovo della Resistenza. La cittadinanza albese onoraria, conferitagli il 31 ottobre 1945 dalla Consulta Comunale e dalla Giunta Popolare, presieduta dall'onorevole Teodoro Bubbio, sottolineò l'intenso ministero per assistere la popolazione, per strappare vittime dalle mani dei persecutori, per risparmiare la città dalle minacce di terribili rappresaglie nel luglio e nel novembre del 1944, nell'aprile del 1945 e quanto fece, finita la guerra, per aiutare quanti tornavano dalla prigionia e dai campi di concentramento tedeschi.
Questa preziosa attività del vescovo, quale difensore della città, fu ribadita dall'intero Consiglio comunale il 1° ottobre 1953 che, sindaco l'avvocato Cleto Giovannoni, volle intitolargli la ristrutturata e ampliata piazza antistante il palazzo vescovile.
Ma sarebbe oggi sicuramente riduttivo ricordare monsignor Grassi solo per il suo ultimo periodo di episcopato e per il suo diario "La tortura di Alba e dell'albese"; egli fu soprattutto e principalmente vescovo e pastore e nei suoi quasi 15 anni di presenza ad Alba, va ricordato come il vescovo dell'Azione Cattolica, del Sinodo, del Seminario minore, dell'Ufficio catechistico e della Parrocchialità.

La vita
Nato a Mondovì il 7 marzo 1887, fu ordinato sacerdote e destinato alla parrocchia di Lesegno; nel 1913 entrava nell'ordine dei Barnabiti per dedicarsi all'educazione dei giovani, iniziando la sua attività prima nella parrocchia di San Martino ad Asti e poi nel collegio Le Querce di Firenze.
Soldato aiutante di Sanità in Macedonia e poi cappellano militare al fronte con il 24° Reggimento di Fanteria, conobbe della guerra tutti gli orrori. Nel 1928 fu mandato, quale vice rettore, al collegio Carlo Alberto di Moncalieri e ne divenne rettore nel 1929.
Nel marzo del 1933, Pio XI lo nominò vescovo di Alba, chiamandolo a succedere a monsignor Francesco Re; consacrato il 1° maggio fece il suo ingresso in diocesi l'11 giugno 1933.
Il periodo bellico lo distrusse nel fisico ed il suo calvario durò due mesi e alle ore 14 del 5 aprile 1948, lunedì della domenica in Albis, lasciava questa terra.
I funerali si svolsero l'8 aprile e parve, a chi era presente, che tutta la popolazione della diocesi si fosse riversata nella città; venne seppellito in cattedrale, nella cripta dei vescovi.

Il vescovo dell'Azione Cattolica
La venuta ad Alba di monsignor Luigi Grassi coincise con il passaggio della presidenza della GIAC da Osvaldo Cagnasso a Sandro Toppino, le associazioni erano allora 48 e i soci circa 2.000, fu l'avvio di nuove attività e di grandi iniziative.
Scriverà più tardi don Mignone: "quando saranno raccolte le memorie della vita religiosa e civile della nostra città e della nostra diocesi, potremo vedere che cosa hanno fatto i laici di Azione Cattolica sotto la guida di monsignor Grassi. Erano quelli gli anni eroici, gli anni dell'entusiasmo esaltante quando tutto era ispirato da una grande fede e da un grande amore. Furono gli anni in cui le parrocchie della diocesi videro due ciclisti raggiungere in bicicletta "con qualunque tempo" (era il loro motto) le associazioni più sperdute, per incontrarsi con i dirigenti e i soci, e comunicare ad essi la loro fiamma. Furono gli anni in cui due giovani - Sandro Toppino e Giuseppe Pieroni - crearono intorno a sé una schiera di altri giovani generosi, per i quali Altavilla divenne il nome di un forte richiamo per la gioventù della diocesi...".
Altavilla era, dal 1700, la residenza estiva dei vescovi albesi e monsignor Grassi volle trasformarla in centro di ritrovo spirituale per tutta l'Azione Cattolica della diocesi e le giornate ad Altavilla diventarono il simbolo dell'impegno dei laici cattolici.
Quando nel 1945 Giuseppe Pieroni successe a Sandro Toppino, le associazioni giovanili in diocesi erano diventate 82 e gli iscritti oltre 4.000.
"... grazie per quanto hai fatto finora per la federazione e la promessa del mio appoggio per quanto farai. Prendi la federazione in un momento delicato e difficile, ma il signore ti aiuterà..." così scriveva monsignor Grassi a Pieroni, comunicandogli la sua nomina a presidente diocesano della GIAC.
Nella quaresima del 1935 monsignor Grassi scriveva all'Azione Cattolica: "Assistere il parroco, aiutarlo a che il male non entri nella parrocchia è dovere di tutti; ma credere di poter far questo senza organizzazione, ciascuno per conto proprio, quando il male nelle sue mille forme è poliedrico, tentacolare ed organizzatissimo, vuol dire far la guerra ciascuno da solo contro eserciti potenti e compatti, adoperare un'arma sola contro mille e perfette. Ecco perché l'organizzazione dell'A.C. è una necessità; ecco perché il Santo Padre non lascia passare occasione alcuna senza battere su questo tasto; ecco perché possiamo dire con certezza che una parrocchia dove non si lavora per l'A.C., va lentamente ma infallantemente contro il disgregamento e alla scomparsa dello spirito cristiano. L'esperienza è una grande maestra, se abbiamo il coraggio di scrutarla ben bene infondo agli occhi. Ma badiamo bene che le associazioni cattoliche sono un elemento magnifico di vita cattolica solo se animate da spirito soprannaturale, quando cioè non sono fini a se stesse, ma costituiscono un docile braccio offerto alla gerarchia della Chiesa".

Il vescovo del Seminario
Abituato a vivere con i giovani e temprato nel lavoro di educazione, monsignor Grassi comprese subito il problema più grosso della Diocesi: dare ai chierici una sede degna, appropriata per una vita di intenso studio e di serena pietà e meditò di trasportare in altra sede i seminaristi dei corsi inferiori e pensò subito allo stabile dell'oratorio del Duomo.
Più che rinnovare, occorreva fare, costruire un edificio dignitoso e adatto alle esigenze moderne, con locali moderni e trasformò il palazzo San Secondo, che il canonico Secondo Sicca aveva fatto attrezzare per l'oratorio del Duomo, in Seminario minore che fu inaugurato nel novembre del 1935.Il vescovo parlava con orgoglio, fuori diocesi, dei suoi seminari, dell'amore che i sacerdoti albesi conservavano per la casa della loro educazione, ne riformò le norme, chiamò all'insegnamento e alla direzione i migliori sacerdoti della diocesi.

Il vescovo della parrocchialità e della catechesi
Un altro intenso campo di lavoro fu per il vescovo Grassi la parrocchia; promosse e organizzò il congresso della parrocchialità, dal 1° al 5 settembre del 1935, che vide la partecipazione del cardinale Boetto, di 11 vescovi e di esperti da molte altre diocesi.
Alle chiese parrocchiali dedicò molto impegno facendone restaurare le più cadenti ed istituendo ben 15 nuove parrocchie in modo da assicurare a 15 comunità di fedeli un'assistenza diretta e l'opportunità di compiere in loco le proprie pratiche religiose.
Visitava le sue parrocchie non solo in occasione delle visite pastorali, ma sovente in incognito, partecipando alle funzioni, agli incontri; la chiesa parrocchiale era per il vescovo il centro di tutto un corpo di fabbricati destinato alle opere di istruzione religiosa e di assistenza: oratorio, sede dell'associazione, aule del catechismo, campi sportivi, una vera cittadella parrocchiale dove tutta la comunità poteva ritrovarsi in ogni momento.
Con grande entusiasmo si dedicò anche alla catechesi, sollecitando la preparazione dei catechisti, i corsi per adolescenti e anche per adulti, istituendo appositamente, nel 1937, l'Ufficio catechistico diocesano.
Anche il sinodo rientrò in queste attività e, benché la guerra fosse già in corso, ne attuò la realizzazione ascoltando i suoi sacerdoti, annotando le manchevolezze che bisognava correggere e dettando le costituzioni sinodali, pubblicandole in modo che tutto il popolo potesse conoscere e avere sotto mano le leggi rinnovate della diocesi, tradotte in italiano e diffuse in ogni famiglia.

Gli anni della bufera
Gli ultimi anni della sua vita furono i più sofferti e visse in prima persona, col suo vicario mons. Pasquale Gianolio e con tutto il clero albese, le sofferenze della Resistenza, percorrendo le Langhe ed il Roero, più volte e con tutti i mezzi, per salvare qualche vita, a ricondurre a casa ostaggi, fissando nel suo diario tutta la barbarie che quell'epoca seppe esprimere.
Quando ad Alba, il 13 novembre 1949, il Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, appuntò sul gonfalone della città la Medaglia d'oro al valor militare, il sindaco Giovannoni disse nel suo discorso: "Tutti i nostri morti sono presenti e non occorre nominarli: ma mi sia concesso di ricordarne uno che seppe preservare questa città da gravissimi lutti. Vi fu un giorno - 25 luglio 1944 - in cui tutti trepidammo nell'angosciosa ansietà e quasi trattenemmo il respiro: le truppe tedesche avevano rastrellato più di 200 cittadini che dovevano essere fucilati per rappresaglia. Quel giorno, il compianto vescovo di Alba, mons. Luigi Maria Grassi, che aveva nel suo stemma vescovile una spada adagiata in segno di pace, intraprese una lotta disperata per salvare dalla morte quegli innocenti. Dio l'aiutò: lo zelo del vescovo, che fra tanto corruscare di armi era armato solo della sua carità, riuscì a compiere il miracolo: i rastrellati ritornarono alle loro case...".

Il 6 giugno 1992 la città di Alba, le formazioni partigiane riunite nell'associazione Colle della Resistenza, le popolazioni di Langa e Roero hanno ricordato l'opera del vescovo Luigi Maria Grassi e del suo Vicario Generale mons. Pasquale Gianolio, con la collocazione di un cippo, realizzato da Massimo Girotti, nel parco del Colle della Resistenza in Bossolasco, con questa scritta: «MONS. LUIGI MARIA GRASSI / Vescovo di Alba / padre e pastore premuroso / presente sempre ed ovunque / accanto ai suoi figli / per la riconquista della libertà perduta / nella sofferta Resistenza / operò con abnegazione e sacrificio / unitamente a Mons. Pasquale Gianolio / vicario generale / e ai sacerdoti tutti della diocesi. / con la gente di Langa e Roero / i partigiani delle formazioni / Autonome / Garibaldi / Giustizia e Libertà / Matteotti / uniti nel Colle della Resistenza».

12 maggio 1945

Cittadinanza onoraria della città di Alba

La Consulta comunale, nominata dal CLN il 12 maggio 1945, su proposta del sindaco Teodoro Bubbio e della Giunta popolare, costituita dai rappresentanti del CLN insediatosi il 27 aprile 1945, conferì la cittadinanza onoraria al vescovo di Alba mons. Luigi Maria GRASSI per la sua preziosa attività svolta in favore della cittadinanza durante la Resistenza e la Lotta di Liberazione con la seguente motivazione: «considerata che Sua Eccellenza monsignor Luigi Maria GRASSI, vescovo di Alba e Conte, durante il conflitto 1940-45 ha svolto il suo sacro ministero con altissimo spirito di carità prodigandosi nell’assistenza morale e materiale della popolazione di Alba e della Diocesi;
Che in modo particolare nel periodo della lotta clandestina tutti i perseguitati trovarono nel vescovo la più fervida ed autorevole protezione, onde molte vittime furono strappate alla ferocia dei repubblicani e dei tedeschi e la stessa Alba fu risparmiata nel novembre 1944 e nell’aprile 1945 dalla minaccia di terribili rappresaglie;
Che inoltre subendo anche un prolungato arresto con trasferimento a Torino ed altre vessazioni, Egli diede al movimento di liberazione efficace collaborazione, che già fu ufficialmente riconosciuta dal Comando alleato e partigiano con il rilascio del brevetto di patriota;
Che successivamente egli ebbe a prodigare con larghezza di mezzi assistenza ai cittadini provenienti dai tragici campi tedeschi di concentramento;
Che in tutta questa ammirabile opera di sacro apostolato e di patriottica collaborazione Egli fu efficacemente e continuamente affiancato dal Vicario Generale mons. Pasquale Gianolio, che in ogni contingenza e con personale pericolo fu tenace e fermo assertore dei principi di carità Cristiana contro la barbaria nazifascista;
Su proposta del sindaco commendatore avvocato Teodoro Bubbio e su parere unanime del Comitato di Liberazione Nazionale;
DELIBERA AD UNANIMITA’
di conferire la cittadinanza onoraria della Città di Alba a Sua Eccellenza Monsignor Luigi Maria GRASSI - Vescovo di Alba e Conte – ed a mons. Pasquale GIANOLIO – Vicario generale, ad imperitura attestazione dell’ammirazione e riconoscenza di tutti i cittadini.

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