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La Via Crucis

Rodello, cappella del "Concilio Vaticano II"

Con una soluzione geniale, Dedalo Montali ha saputo creare due opere scultoree, trasformando due massicci e anonimi pilastri della cappella in opere d'arte su cui ha rappresentato la Via Crucis. Le quattordici stazioni della Passione di Cristo non corrono lungo le pareti del luogo sacro, poste l'una dietro l'altra, ma sono state raggruppate insieme ad indicare simbolicamente il cammino di sofferenza vissuto da Cristo. Montali astrae la Passione in un gioco di motivi decorativi, che sintetizzano ed esprimono con grande vigore il significato profondo dell'umiliazione patita da Gesù per mano dell'uomo. La Via Crucis letta nella contemporaneità, rimanda alle atrocità che gli stessi uomini infliggono gli uni agli altri, da ultima la deportazione nei campi di concentramento e di sterminio, che hanno segnato profondamente la vita dello stesso artista.
Egli simboleggia a bassorilievo le quattordici stazioni, affiancando ai numeri romani delle tappe della Passione, la rappresentazione stilizzata degli oggetti di supplizio. Le linee aspre e taglienti paiono graffiare la lastra di rame, inferendo squarci, segni di violenza espressi negli aculei, nelle punte che percorrono l'intera superficie. La durezza stilistico formale rinuncia all'uso di forme tonde per creare veri e propri oggetti di tortura, dai segni evidenti, spinosi, linee che si allungano per terminare con punte affilate, come lame taglienti. Sono forme che ricordano le sculture di Mastroianni, enormi aculei che perforano lo spazio per simboleggiare con estrema efficacia la violenza, il dolore, l'oppressione e l'angoscia umane. Rinunciando alla figurazione Montali mette in risalto con pochi e graffianti tratti il mistero dell'ascesa al Calvario, suscitando meditazione e riflessione nei fedeli.
Questa opera raccoglie le suggestioni cubiste, astratte coniugate alla violenza stilistica propria dell'artista, che tratta il tema religioso attraverso il ricordo personale dell'esperienza di guerra e di deportazione, memoria che riaffiora costante e che nella verticalità espressionista riassume la visione di caduta e ascesa dell'umanità.
Recentemente scomparso, febbraio 2001, nella sua ultima residenza di Pinerolo, Dedalo Montali, nato a Cagliari nel 1909, ha viaggiato molto durante la sua vita ed ha avuto occasione di conoscere i più importanti esponenti della cultura del XX secolo.
Trasferitosi ventenne a Milano, egli studia all'Accademia di Brera ed entra a fare parte della cerchia artistica dei pittori della Galleria d'arte il Milione; esperienza che contribuirà a sviluppare la poliedricità del suo linguaggio figurativo. Si sposta più volte percorrendo l'Italia e nel 1942, trasferitosi a Fucecchio, viene catturato dai soldati tedeschi e deportato in un campo di concentramento in Austria. Tra il 1970-72 viene incaricato da don M. Battaglino di ideare la cappella della residenza per anziani di Rodello, opera monumentale, che lo vede affrontare il tema dell'arte sacra, trattata con linguaggio contemporaneo. Questa importante esperienza lo legherà alle Langhe e a Rodello in particolare dove viene sepolto.

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