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Erbario - castagno e nocciolo

 

Molto affine al faggio è il castagno (Castanea sativa Mill.), così noto per l'uso alimentare dei suoi frutti e peri grandi boschi che forma nel piano submontano delle Alpi dell'Appennino e delle Isole sino a 800-900 m, innalzandosi sino a 1200 m s. m., nel mezzogiorno del nostro Paese, e scendendo in qualche punto fino alla costa. È normalmente un albero di alto fusto e talora di grandi dimensioni (alto sino a 35 m), con chioma tonda, ma viene anche estesamente coltivato a ceppaia in boschi cedui. Ha corteccia grigio scura, profondamente screpolata per il lungo, rami patenti, foglie alterne e subcuoiose con picciolo corto, lembo lanceolato allungato, brevemente appuntito, con margini profondamente seghettati a denti appuntiti, superiormente di un colore verde intenso lucido, inferiormente verde pallido, pennato nervate, con nervature secondarie numerose e diritte. Le infiorescenze sono ascellari, sessili e compaiono dopo le foglie: i fiori maschili raccolti in amenti eretti, gracili, giallicci, i femminili isolati (2 o 3). I frutti (1 : 3) sono acheni con pericarpio cuoioso, lucido, riuniti in un involucro (riccio) rivestito di lunghi aculei e deiscente per 4 valve. Le foglie di castagno, raccolte prima della fioritura e contenenti sostanze tanniche (9 : 100), sali minerali (6 : 100), un glucoside, saccarosio, glucosio, resina, grassi, si usano contro la pertosse ed in generale contro le tossi convulsive e stizzose da irritazione bronchiale, in forma di infuso caldo (2 cucchiaini da tè di frammenti di foglie per una tazza d'acqua, due tazze al giorno), o di estratto fluido (gocce x-XX, da tre a cinque volte al giorno). La decozione della corteccia è stata pure prescritta contro la dissenteria.

 

Le specie precedenti di Cupulifere appartengono alla tribù delle Quercinee. Della stessa famiglia fa parte anche la tribù delle Corilee, che comprende altre piante assai note e presentanti, oltre all'importanza forestale e ad un valore economico notevole, seppure non paragonabile a quello delle precedenti, anche qualche interesse farmacologico. Così il nocciuolo (Corylus Avellana L.), diffuso nei boschi submontani ed anche in quelli montani dell'Italia continentale ed insulare, del quale la medicina popolare usa l'infuso preparato con gli amenti maschili, raccolti al momento della fioritura, che è assai precoce precedendo la comparsa delle foglie, come diaforetico nella cura delle affezioni febbrili dell'apparato respiratorio ed anche come antidiarroico; la decozione della corteccia contro le febbri intermittenti e, per uso esterno, in impacchi sulle vene varicose ulcerate; mentre considera i semi, dai quali si può del resto ottenere anche un olio di gusto gradevole, succedaneo dell'olio di oliva, come efficaci contro la clorosi e l'anemia in genere (?). Anche del carpino (Carpinus Betulus L.), comune nei boschi e nelle siepi del piano submontano ed anche montano, specialmente nell'Italia superiore e media, si usano le foglie in decozione per la preparazione di gargarismi astringenti.

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