BALBO Cesare
1789 - 1853 Politico, storico
Figlio di Prospero e di Enrichetta Taparelli d’Azeglio, subì in gioventù l’influenza dell’Alfieri, e fondò nel 1804 con alcuni coetanei l’Accademia dei Concordi, nelle cui discussioni cominciarono a prendere forma le sue idee liberal-moderate. Durante la dominazione francese in Italia fu al servizio di Napoleone, ricoprendo successivamente le cariche di segretario generale della giunta governativa di Toscana (1808), di segretario della consulta per i territori già pontifici (1809) e infine di uditore al Consiglio di Stato di Parigi (1811). In seguito al moto liberale piemontese del 1821, al quale peraltro non aveva partecipato, fu esiliato nel 1822; ottenne nel 1824 di rientrare in Piemonte, ma dovette rimanere al confino per altri due anni a Camerano. Si concentrò da allora negli studi storici e filosofici già prima iniziati; frutto di un’intensa attività di pensiero furono, oltre alle Memorie sulla rivoluzione del 1821, la Storia d’Italia sotto i barbari, cioè dal 476 al 774 (1830), I Pensieri ed esempi di morale e di politica, scritti nel 1832-1833 e pubblicati postumi nel 1854, la Vita di Dante (1839), le Meditazioni storiche (1842-1845) e il classico Sommario della storia d’Italia (1846); motivi ispiratori di questi scritti sono: l’indipendenza dell’Italia dallo straniero, auspicata conciliando il patriottismo particolare di un fedele suddito della dinastia sabauda con un vivo sentimento di italianità, e la religione cattolica, considerata come lievito progressivo della civiltà europea. Ma si era intanto iniziato, col Primato di Gioberti, il movimento d’opinione moderato per la soluzione della questione italiana, e Cesare Balbo, in connessione e a sostegno di esso, aveva pubblicato nel 1844 Le speranze d’Italia, sostenendo che, in seguito a eventuali ingrandimenti territoriali nell’Oriente balcanico, l’Impero austriaco avrebbe naturalmente rinunciato al Lombardo-Veneto. Dopo la concessione dello statuto albertino, Balbo fu il primo presidente del consiglio del regno di Sardegna (13 marzo - 25 luglio 1848), e in seguito fu capo della Destra nel parlamento subalpino. Negli ultimi anni della sua vita tornò a dedicarsi agli studi, scrivendo articoli e saggi che confluirono nella raccolta postuma Della monarchia rappresentativa in Italia (1857).