Corso Piave
DATA DI INTITOLAZIONE
3 novembre 1921
UBICAZIONE
Alba, in borgo Piave, da via Luigi Einaudi alla rotonda di San Cassiano
Piave, fiume del Veneto, il quinto per lunghezza dei fiumi italiani (esclusi gli affluenti di altri fiumi, come l’Adda): 220 km; bacino: 4.100 km². Nasce dal versante sud del monte Peralba, nelle Alpi Carniche (prov. Belluno), e sbocca nell’Adriatico, al limite orientale della laguna veneta, 35 km a NE di Venezia.
Battaglia del Piave. Durante la prima guerra mondiale, sul fronte italiano, il generale Cadorna, dopo la ritirata di Caporetto, vista l’impossibilità di arrestare il nemico al Tagliamento ordinò il ripiegamento al Piave, completato il 9 novembre 1917. Appoggiandosi a questa nuova linea difensiva, le truppe italiane (3ª armata) riuscirono ad arginare validamente gli attacchi austro-tedeschi, dando origine alla battaglia d’arresto del Piave. Gli Austro-Ungarici furono contrattaccati e, anche in seguito alla piena del fiume che rese difficili i rifornimenti, vennero costretti a ripiegare e ad abbandonare la regione tra il Piave vecchio e il Piave nuovo (battaglia del Solstizio). Nell’ottobre 1918 il settore del Piave fu nuovamente teatro di combattimenti durante la vittoriosa offensiva finale italiana.
Tra il 1875 e il 1877 venne costruita la caserma Govone.
La lunga e sanguinosa guerra tra l’Italia e l’Austria per la conquista di Trento e Trieste, inserita nel contesto della I guerra mondiale, diede vita a numerosi canti patriottici tra cui La leggenda del Piave o Canzone del Piave di E.A. Mario, pseudonimo di Giovanni Gaeta (Napoli 1884-1961), composto la sera del 23 giugno 1918.
La canzone riassume tutta la guerra e l’autore usa uno pseudonimo per cercare di sfuggire ai rigori dell’amministrazione postale di cui era dipendente, cioè alla minaccia di essere licenziato per scarso rendimento. L’autore aveva sempre dedicato più tempo ai versi e alle note che ai timbri. Prima del 1915 aveva attinto, per le sue canzoni, al folclore napoletano, ma la guerra gli diede nuovi stimoli ed ispirazioni. Aveva scritto una ironica Serenata all’imperatore dedicata a Francesco Giuseppe: «Maestà, verremo a Vienna / verremo con chitarre e mandolini». È anche sua la famosa Canzone in trincea, con i versi «E le stellette / che noi portiamo / son disciplina / di noi soldà».
Il capolavoro di E.A. Mario è però La leggenda del Piave, che si diffonde immediatamente con un successo incredibile tra le truppe che la cantano andando all’ultima battaglia di Vittorio Veneto.
La canzone inizia con le radiose giornate del maggio 1915: «Il Piave mormorava / calmo e placido al passaggio / dei primi fanti il ventiquattro maggio».
Sono giorni anche per altre canzoni che a volte nascono spontanee nelle trincee e adattate su vecchi motivi popolari:
«Monte Nero, Monte Nero,
traditor della patria mia,
ho lasciato la mamma mia
per venirti a conquistar.
Per venirti a conquistare
ho perduto tanti compagni
tutti giovani sui vent'anni
e la lor vita non torna più».
E ancora: «Bombardano Cortina / dicon che gettan fiori / nemici traditori / è giunta l'ora / subito fora / subito fora dovete andar».
Il 1917 è l’anno della grande tragedia e delle sconfitte sanguinose. La fanteria canta: «Dietro il ponte c’è un cimitero / cimitero di noi soldà / ta pum, ta pum, ta pum». Sull’altopiano di Asiago gli alpini imprecano: «Venti giorni sull’Ortigara / senza il cambio per dismontà». È l’anno di Caporetto, così rievocato nella canzone di E.A. Mario: «Ma in una notte triste si parlò di tradimento / e il Piave udiva l’ira e lo sgomento»; solo a guerra finita il primo verso venne cambiato in «Ma in una notte triste si parlò di un fosco evento».
La rotta dell’esercito crea fra le truppe un clima di scoramento e di rivolta per i tanti sacrifici inutilmente compiuti e per le vittime lasciate sul campo. Subito le canzoni registrano l’umore dei soldati e la loro ironia quando cantano: «Il general Cadorna / ha scritto alla regina / se vuoi veder Trieste / te la mando in cartolina», ma la leggenda testimonia: «No, disse il Piave, no dissero i fanti / mai più il nemico faccia un passo avanti».
La guerra vittoriosa volge ormai al termine e negli ultimi giorni E. A. Mario poté aggiungere la conclusiva e trionfale strofa alla canzone che fu anche inno nazionale dal 1943 al 1946. Questo il testo:
«Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: "Non passa lo straniero!"
Ma in una notte triste si parlò di un fosco evento
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
poiché il nemico irruppe a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i suoi ponti.
S'udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l'onde.
Come un singhiozzo in quell'autunno nero
il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero!"
E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!
"No", disse il Piave, "no", dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l'onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: "Indietro va', o straniero!"
Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento
e la Vittoria sciolse l'ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!
Infranse alfin l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!
Sicure l'Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l'onde.
Sul patrio suolo vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri!».