Via Liberazione
DATA DI INTITOLAZIONE
28 settembre 1945, ratificata il 19 aprile 1951
UBICAZIONE
Alba, da piazza San Paolo a via XXV aprile
La Liberazione segna la fine della lotta di Resistenza al Fascismo dopo l’8 settembre 1943 sino al 25 aprile 1945.
Alba fu liberata il 26 aprile 1945.
Alba, il 25 aprile, era ancora in mano alle truppe della Repubblica di Salò. Era di mercoledì, la primavera aveva regalato una giornata di tiepido sole; sin dal mattino si erano appostate sulla collina di Altavilla le prime formazioni di partigiani in osservazione e controllo, avevano l’ordine di non lasciare scendere nessuno in città. Alla mezza venne invitato il vicario mons. Pasquale Gianolio al Comando partigiano-alleato a parlamentare perché intavolasse trattative con il presidio repubblicano per la resa. Si temeva l’attacco per le quattro del pomeriggio, questa, almeno, era la voce che si era diffusa in città, era palpabile una grande preoccupazione. Il comandante del Presidio magg. Gagliardo Gagliardi, che aveva sostituito il colonnello Fortunato Palomba, aveva più volte dichiarato che mai avrebbe accettato di arrendersi, chiedeva di poter uscire dalla città coi suoi uomini minacciando stragi e distruzioni.
La città era ormai completamente circondata, i partigiani sulle colline attendevano impazienti il segnale dell’attacco, pronti a liberare Alba. L’attesa e le trattative durarono tutto il giorno e la notte, che trascorse relativamente calma. Il 26 aprile, giovedì, fu una giornata fredda, con nebbia e pioggia; ricordava il 2 novembre 1944, quando i partigiani dovettero abbandonare Alba dopo i ventitre giorni. Il comando repubblicano ebbe chiaro sentore che tutti i partigiani delle Langhe erano sulle colline sovrastanti la città; che ogni strada di uscita era bloccata. Anche sul Tanaro erano appostate diverse centinaia di banditi, pronti ad entrare a qualunque costo, appena fosse giunto il segnale. Gagliardi e Rossi giocarono l’ultima carta. Alle 11,15 fecero prelevare il vescovo mons. Luigi Maria Grassi in vescovado che giunse al Seminario minore con l’arciprete della cattedrale, can. Tommaso Casetta, e il segretario don Michele Balocco. Accompagnato nell’ufficio del magg. Gagliardi, vuoto, rimase in attesa per quasi un’ora; finalmente avvenne l’incontro. Il maggiore chiese al vescovo di inviare sacerdoti nei tre punti principali presidiati dai partigiani per comunicare loro che il presidio era disposto ad uscire dalla città con tutte le truppe, chiedeva quarantotto ore di tempo a partire dalle diciotto di quella stessa sera. Mons. Grassi, per evitare altre vittime e salvare la città, decise di mandare oltre il Tanaro don Albino Pressenda del seminario, ad Altavilla don Luigi Cortese, vicecurato in Duomo, alla Moretta il segretario don Balocco. Ottenuti i lasciapassare, il vescovo ebbe una ferma reazione all’invito di fermarsi a pranzo, era evidente l’intenzione di trattenerlo in ostaggio; alle 13,30 lasciò il Seminario minore. Contemporaneamente il vicario mons. Gianolio riceveva ad Altavilla, dal Comando partigiano e dalla commissione inglese, guidata dal cap. Edward Ballard, una nota di resa diretta al Comando repubblicano da accettare entro le ore quattordici. Ancora il magg. Gagliardi si rifiutò di parlamentare e decise, con atto sconsiderato, la resistenza fino all’ultimo uomo.
Un nuovo ordine di resa senza condizioni per le ore sedici, venne inviato dal cap. Ballard al vescovo da consegnare al magg. Gagliardi; recapitato dal vicario, ottenne un nuovo rifiuto; diede però il consenso che il suo aiutante maggiore, il cap. Carlo Anglana, salisse con il vicario ad Altavilla al comando alleato-partigiano. Il cap. Bellard ed il comandante Ercole scesero personalmente, con alcuni partigiani, verso le quindici per affrontare il comandante repubblicano e chiudere la partita.
Avvenne tra gli ufficiali e le truppe fasciste un vero e proprio ammutinamento, i comandanti dovettero cedere; la resa all’Esercito di Liberazione Nazionale venne firmata alle 16.15 da Gagliardi, accettata e controfirmata dal comandante Ercole, Ercole Varese della Brigata Belbo della II Divisione Autonoma Langhe, testimoni l’inglese magg. Ballard, il vicario generale mons. Gianolio, il comandante Gildo Fossati delle formazioni Gielle.
Alba era definitivamente libera.
Alle 16,30 i partigiani invasero la città, aprirono le carceri per liberare gli ostaggi ancora presenti, presidiarono il Seminario minore ove furono concentrati tutti i militari del Presidio; alle 17 Ercole assunse il comando della piazza per cederlo, il giorno successivo a Gildo Fossati della X Divisione Gielle. Il CLN albese assunse l’amministrazione della città e fece diffondere, con un manifesto, questo proclama:
Il Comitato Albese di Liberazione, nell’assumere l’amministrazione della città indirizza ai Patrioti e Cittadini un proclama, elevando il suo primo riconoscente saluto ed il plauso unanime a tutti i Patrioti che, attraverso a tanti sacrifici, hanno duramente macerato l’anima ed il corpo e validamente collaborato con i vittoriosi Alleati per il trionfo delle idealità democratiche. Interprete del sentimento della cittadinanza, il Comitato prende l’iniziativa perché qui sorga un ricordo perenne al Partigiano ad imperitura esaltazione dello storico evento. Eleva riconoscenza memore soprattutto alle numerose vittime cadute sul loro sangue in Alba e nelle Langhe rilevando: “Il sangue innocente di queste gloriose vittime e di quello versato da quanti hanno per la Patria fatto il massimo olocausto sia a tutti di monito e di incitamento”.
Il Comitato, nell’attesa della costituzione dell’amministrazione ordinaria, collaborerà strettamente con il Comando del Presidio per la ripresa dell’attività economica e culturale della Città; esso conta sull’alto senso di civismo della popolazione che darà il suo contributo all’opera lunga e faticosa della ricostruzione.
Alba che, fiera delle sue antiche tradizioni di libero e potente Comune, è stato l’ultimo centro del Piemonte ad essere piegato dalla dittatura fascista nel novembre del 1925, e che ha dimostrato in questi mesi di passione di quale tempra siano i suoi figli, si mostrerà certo degna dell’onore di essere stata tra le prime città liberate; ricongiungendosi alle città sorelle dell’Italia tornata libera ed una, sarà antesignana nei campi fecondi del lavoro nell’ordine e nella libertà.
Viva l’Italia! Viva la libertà.
Dal Palazzo Comunale il 26 aprile 1945.
- Teodoro Bubbio, per il Partito Democratico Cristiano.
- Guido Chiampo, per il Partito d’Azione.
- Felice Favro Bertrando, per il Partito Socialista.
- Cesare Gioelli, per il Partito Liberale.
- Riccardo Roberto, per il Partito Comunista.