Via XXV Aprile

DATA DI INTITOLAZIONE
10 luglio 1971

UBICAZIONE
Alba, da via Liberazione, oltre il torrente Cherasca e parallela ad esso

Il 25 aprile segna, convenzionalmente, la fine della Resistenza.
Resistenza è il nome dato al movimento nato nel corso della seconda guerra mondiale contro l’occupazione delle truppe tedesche e italiane in Europa e contro l’occupazione giapponese in Estremo Oriente e Oceania.
Nel 1944 cominciarono a sorgere le prime grosse formazioni partigiane (Giustizia e Libertà”, ”Garibaldi”, “Matteotti”, “Fiamme verdi”, “Brigate del Popolo”), collegate da comandi regionali, i quali finirono col far capo (giugno 1944) a un comando militare (Corpo volontari della libertà) disegnato dal CLN dell’Alta Italia (CLNAI) diretto da Parri e Longo affiancati dal generale Raffaele Cadorna.
L’estate del 1944 segnò una serie di notevoli successi per le forze partigiane, rafforzate dall’afflusso dei renitenti alla leva della RSI; accanto all’attività di guerriglia si svilupparono anche notevoli movimenti di massa, gli scioperi del marzo 1944 nell’alta Italia, dai quali venne un grave colpo al prestigio politico della repubblica di Salò. I partigiani ottennero riconoscimenti ufficiali da parte degli stessi Alleati, soprattutto grazie alle operazioni che portarono alla liberazione di Firenze (agosto 1944). Nel cuore del territorio occupato sorsero zone libere (estate-autunno 1944) sotto la diretta amministrazione partigiana (Alto Monferrato, val d’Ossola, Carnia, Montefiorino, ecc.) in cui si cercò di dar vita a forme democratiche di autogoverno popolare. Nel novembre 1944 l’arresto delle operazioni militari alleate segnò una profonda crisi per le forze partigiane e il 13 novembre il generale Alexander attraverso un “proclama” trasmesso alla radio invitava tutte le forze partigiane a cessare le operazioni organizzate su larga scala, e a rimanere in attesa.
Pur non cessando l’attività politica, propagandistica e di sabotaggio, le operazioni militari subirono così un grave colpo per la difficoltà di ottenere rifornimenti e per le avverse condizioni metereologiche. Le grosse formazioni della montagna, anche per sfuggire ai massicci rastrellamenti dei nazifascisti (che, nel tentativo di frenare l’azione dei partigiani e l’appoggio dato a questi ultimi dalla popolazione, effettuarono feroci e sanguinose rappresaglie [Fosse Ardeatine, Boves, Marzabotto]), furono costrette a scendere in pianura, mantenendo i necessari contatti, ma di fatto dissolvendosi come unità operanti. Nonostante le difficoltà, la mimetizzazione in pianura (la cosiddetta “pianurizzazione”) poté essere compiuta in modo tale da permettere la rapida ricostruzione, a partire dal febbraio, in coincidenza con la vittoriosa offensiva alleata, delle formazioni e la ripresa delle ostilità con nuovo vigore. Il collasso definitivo della struttura bellica nazifascista, poté essere ascritto quindi anche a merito delle formazioni partigiane che, anticipando l’avanzata delle forze anglo-statunitensi, diedero il via, nell’ultima decade dell’aprile 1945, all’insurrezione generale nell’alta Italia, rallentando i movimenti di ritirata delle forze tedesche e soprattutto impedendo le distruzioni degli impianti industriali.
Secondo dati ufficiali i caduti italiani in territorio nazionale che operarono nelle file della resistenza sono stati 35.828, i mutilati e invalidi 21.168, i civili uccisi per rappresaglia 9.980.
La Resistenza assunse in Italia caratteri particolari rispetto a tutti gli altri paesi europei.
Come lotta armata essa nacque dopo le dissoluzione dell’esercito, rimasto senza capi e direttive di fronte all’armistizio dell'8 settembre 1943. Mentre i tedeschi mettevano in atto un preciso piano d’occupazione e disarmavano oltre mezzo milione di soldati, avviandoli nei campi di concentramento, alcuni episodi testimoniavano la possibilità di una lotta popolare contro l’ex alleato in territorio nazionale, mentre in Grecia e nelle isole italiane dell’Egeo reparti dell’esercito di propria iniziativa risposero con le armi all’attacco tedesco, lottando fino a essere totalmente distrutti (Rodi, Corfù, Cefalonia e Santa Maura). Il 9 settembre 1943 si costituì a Roma il Comitato di liberazione nazionale (CNL), che raggruppava i principali partiti antifascisti (DC, PCI, PLI, PSIUP, partito d’azione, PRI e democrazia del lavoro). Ispirandosi a questo modello, organismi consimili, con analoghe funzioni politiche, sorsero in tutta Italia: loro obiettivo fu creare le condizioni per una rinascita democratica dell’Italia; il CLN di Roma rifiutò quindi a lungo di collaborare col governo di Vittorio Emanuele III, fino a quando questi non decise di abdicare non appena fosse stata liberata Roma, nominando il figlio luogotenente del regno. Si formò così (aprile 1944) un nuovo ministero Badoglio, cui parteciparono i comunisti (il loro massimo esponente, Togliatti, contribuì largamente a far accettare tale soluzione), i liberali e i democristiani. Dopo la liberazione di Roma (giugno 1944) si poté alfine giungere a un governo esclusivamente antifascista, presieduto da Bonomi, presidente del CLN centrale. La guerriglia armata, condotta dapprima da bande sparse nelle Marche, in Toscana, nel Cuneese, nell’Ossola, nelle Prealpi Lombarde, nel Friuli e nella Venezia Giulia, conobbe inizi abbastanza difficili. Spesso infatti questi primi gruppi erano costituiti da militari sbandati, i quali peraltro riuscirono talora a impegnare duramente il nemico.
La seconda guerra mondiale (1939-1945) non riuscì, almeno in Italia, a ricreare quello spirito patriottico proprio della prima, ma neanche quello antimilitarista e sprezzante che diede vita a canzoni di guerra. L’unica che riuscì ad ottenere un discreto successo, grazie anche alla riscrittura del testo, fu Il Ponte di Perati. Toccò quindi alla Resistenza far rifiorire un linguaggio poetico efficace e motivi musicali accettabili, tra cui si possono ricordare Italia combatte di M. Cesarini, Badoglieide di Bianco e Revelli, Pietà l’è morta di Revelli, Addio valle Roja di Giovanni Monaco.
La canzone, più propriamente una ballata, che ebbe maggiore successo è sicuramente Bella ciao, un motivo popolare ottocentesco cantato dai simpatizzanti del movimento partigiano italiano che combatteva contro le truppe fasciste e naziste. La sua diffusione originaria è documentata e circoscritta all’Emilia, fra l’Appennino bolognese e la repubblica partigiana di Montefiorino. Nella sua versione definitiva, secondo la tradizione, fu composta da un anonimo medico partigiano. La musica, anch’essa di autore sconosciuto, viene generalmente fatta risalire alla melodia di un canto ottocentesco delle mondine padane, con influenze di altre ballate popolari. Un’altra fonte retrodata le radici della canzone ad una ballata francese del Cinquecento, passata poi, con mutazioni legate al passaggio geografico, nella tradizione piemontese con il titolo La daré d’cola montagna, nella tradizione trentina come Il fiore di Teresina, infine in quella veneta con il titolo Stamattina mi sono alzato, per giungere poi nei canti delle mondariso e, successivamente, dei partigiani. La diffusione si ebbe nella seconda metà del Novecento, alla fine degli anni Sessanta, quando la canzone entrò nel repertorio di Milva, Francesco De Gregori, Giorgio Gaber e altri, diventando un successo musicale.
Il testo più diffuso è quello riportato con, tra parentesi, alcune varianti:

«Una mattina mi son svegliato,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son svegliato
e ho trovato l'invasor.

O partigiano, portami via,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
O partigiano, portami via,
ché mi sento di morir.

E se io muoio da partigiano,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E se io muoio da partigiano,
tu mi devi seppellir.

Mi seppellirai (Mi porterai) lassù in (sulla) montagna,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
Mi seppellirai(Mi porterai) lassù in (sulla) montagna
Sotto l'ombra di un bel fior.

E (Tutte) le genti che passeranno
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E (Tutte) le genti che passeranno
Ti diranno “Che bel fior!”

“È questo il fiore del partigiano”,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
“È questo il fiore del partigiano
morto per la libertà!”».

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