Via Gorizia
DATA DI INTITOLAZIONE
25 giugno 1930
UBICAZIONE
Alba, in Borgo Moretta, da corso Langhe a sinistra a corso Montello
Gorizia, in sloveno Gorica, in ted. Görz, città del Friuli Venezai Giulia, capoluogo di provincia, sulla sinistra dell’Isonzo, a 84 m d’altezza; 35.401 abitanti (goriziani). Sede arcivescovile (Gorizia e Gradisca). La città sorge allo sbocco nella pianura friulana dell’Isonzo, poco a monte della confluenza del Vipacco, in un verde anfiteatro coronato da rilievi collinari, sacri a tutti gli Italiani (San Michele e Calvario, Sabotino, al confine, e, oltre confine, Monte Santo e San Gabriele), che la proteggono dai forti venti settentrionali. Dopo la seconda guerra mondiale, Gorizia è divenuta città di confine con la Slovenia, cui è stata ceduta la zona nordorientale (chiamata Nova Gorica [circa 7.000 abitanti], in fase di espansione), con la stazione ferroviaria di Monte Santo, l’acquedotto, e praticamente l’intero retroterra naturale della città.
Ricordata in un diploma dell’imperatore Ottone III del 1001, si sviluppò più rapidamente quando divenne residenza dei conti di Pusteria. L’estinzione (1500) della casa goriziana portò a una guerra tra Austria e Venezia per il dominio di Gorizia, che dopo essere stata occupata nel 1508 dai Veneziani divenne subito dopo un dominio asburgico. Passata alla Francia (1809-1814), Gorizia tornò sotto l’Austria nel 1815, difendendo con successo, specie dal 1848, il suo carattere italiano e alimentando un sempre più vasto movimento favorevole al congiungimento con il resto della nazione (Giornale di Gorizia, pubblicato da Carlo Favetti nel 1850 e soppresso dopo un anno; Gabinetto di lettura; Lega nazionale; ecc.). Durante la prima guerra mondiale, la città e il campo trincerato di Gorizia, potentemente fortificati dagli Austriaci, furono il costante obiettivo italiano delle varie offensive dell’Isonzo, fin dai primi giorni del conflitto. Ma la città, difesa a nord dal Sabotino e a sud dal san Michele, cardini della resistenza, e protetta da una serie di alture che costituivano una testa di ponte al di là dell’Isonzo (Podgora, Grafenberg, Calvario), e da altre poste alle spalle (San Gabriele, Monte Santo, San Daniele, San Marco), resistette sempre tenacemente, nonostante qualche modesto guadagno territoriale, sanguinosamente pagato dalle truppe italiane. Finalmente, il 6 agosto 1916, dopo meticolosa preparazione, soprattutto d’artiglieria (vennero impiegate, fra l’altro, oltre trecento bombarde), si iniziò la 6ª battaglia dell’Isonzo che, nel corso di tre giorni di duri combattimenti, condusse, il mattino del 9 agosto, alla conquista della città. La conquista di Gorizia comportò conseguenze morali e politiche notevoli: gli Austriaci ebbero 20.000 prigionieri e numerosi morti e feriti, le perdite italiane furono relativamente minori. La città rimase poi, fino a Caporetto, base di partenza per le ulteriori battaglie dell’Isonzo, e cadde quindi in mano austriaca nell’ottobre 1917, per divenire definitivamente possesso dell’Italia dal novembre 1918.
Con il 1916 accade il fallimento della “spedizione punitiva” austriaca. Le truppe italiane conquistano Gorizia e dalle trincee risuonano altre canzoni: «E Cadorna manda a dire / che si trova sui confini / che ha bisogno degli alpini / per potersi avanzar». A Gorizia occupata si canta:
«O Gorizia, tu sei la più bella
E il tuo nome risuona lontano.
Or sei passata al dominio italiano
Sarai protetta dal nostro valore».
Ma, la stessa canzone, ben lontano dagli ufficiali, risuona in modo diverso:
«O Gorizia tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza
dolorosa ci fu la partenza
e il ritorno per molti non c’è».