Madonna in trono con Bambino ed angeli
Certosa di Pavia, Santa Maria delle Grazie
AUTORE
Macrino d'Alba - Gian Giacomo de Alladio
SOGGETTO
Madonna in trono con Bambino ed angeli nello scomparto centrale inferiore, Sant'Ugo di Langres, Scomparto sinistro, Sant'Ugo di Canterbury, Scomparto destro, Resurrezione di Cristo, Scomparto superiore
DATAZIONE
1496
UBICAZIONE ATTUALE
Certosa di Pavia, Santa Maria delle Grazie
PROVENIENZA
Dono di Pietro Accorsi al Museo Civico d'Arte Antica nel 1938
TECNICA
Tempera su tavola
Il polittico è datato 1496 come testimonia un cartiglio ai piedi del trono Macrinus de Alba faciebat 1496. Il prestigioso cantiere della Certosa di Pavia era sotto la supervisione di Ludovico il Moro e la committenza a Macrino corrisponde al momento in cui la Certosa cessa il rapporto con la bottega di Ambrogio Bergognone e si indirizza verso la cultura centroitaliana. In questo momento Macrino tentava di far valere la propria educazione umbro-romana mettendosi in luce presso la corte casalese dei Paleologi e proprio per questo tramite poteva essere conosciuto da Ludovico il Moro, inoltre la richiesta sempre nel 1496 di due lunette per la Certosa di Valmanera presso Asti ci testimonia che l'artista era già noto negli ambienti certosini (tali affreschi andarono perduti a causa della demolizione della Certosa durante l'occupazione francese); oltre a ciò il padre Martino de Alladio, forse parente del Macrino, è documentato alla Certosa di Pavia fra 1491 e 1496, anno in cui viene sostituito in quanto diventa priore alla Certosa di Banda in Val di Susa. In questa sua trasferta probabilmente Martino portò con sé il trittico di Jacopino De Mottis (oggi in San Giusto a Susa) realizzato per Pavia e praticamente identico a quello di Macrino per iconografia (l'unica differenza è ravvisabile nella cimasa di Jacopino, oggi perduta, che raffigurava una Pietà); per cui si suppone che ciò lasciasse spazio ad una sostituzione del dipinto con un'opera commissionata al suo protetto Macrino. Nel 1496 viene commissionata al Perugino un polittico di simile impostazione da collocare sull'altare di San Raffaele nella navata sinistra, proprio di fronte all'altare degli Ugoni della navata destra, dove si trovava la nostra opera.Quindi la preferenza accordata a Macrino va interpretata come riconoscimento in lui di un rappresentante di quella cultura centroitaliana che si voleva introdurre nel cantiere pavese. Macrino, consapevole di questa aspettativa da parte della committenza, riutilizza per la figura della Madonna il cartone già usato per il trittico del Museo Civico di Torino preferendo però un baldacchino in tessuto moirée con ornamenti a delfini, sfingi e palmette. Come nel trittico del Museo Civico di Torino compare nel fregio del trono la citazione di un motivo decorativo della Domus Aurea che probabilmente è desunto, più che dalla visione diretta, da uno dei molti repertori di modelli circolanti all'epoca fra gli artisti, realizzato in oro su sfondo rosso porpora.Troviamo due angeli sul lato del trono e due puttini alati seduti sul gradino del trono che suonano strumenti musicali; gli angeli musicanti, spesso ripetuti nelle opere successive, sono verosimilmente mediati da temi del Pinturicchio e forse una suggestione da qualche sepolcro scolpito di epoca imperiale, ulteriore concessione alle preferenze classicheggianti dei committenti. I due santi riprendono il modello stabilito nell'opera di uguale iconografia di Jacopone de Mottis, ma nell'opera di Macrino, alle spalle dei due santi, si distende un paesaggio alla umbra dove si riconoscono edifici romani e sull'architrave della costruzione decadente alle spalle di Sant'Ugo di Canterbury si legge CONDITORI URBIS . Nella tavola della Resurrezione il vigoroso corpo nudo del Cristo che sorge dal sepolcro è desunto dalla statuaria classica; interessante il paesaggio roccioso, forse già aggiornato sulle opere di Leonardo realizzate a Milano come l'esemplare della Vergine delle Rocce oggi a Londra, cominciato nel 1491 e molto progredito verso il 1496.
Ai piedi di Cristo si nota dei curiosi personaggio: un soldato assopito sulle proprie armi con una evidente cicatrice sul viso, invece l'altro personaggio, sul cui capo si scorge un inizio di aureola, poi risolto in un raggio di sole, potrebbe essere lo stesso Macrino che sceglie di rappresentare sé stesso come devoto nel contesto di una commissione tanto prestigiosa; in tal senso non aiuta un confronto con l'Autoritratto, anche se a favore di questa ipotesi spinge l'abbigliamento semplice, da lavoratore del nostro personaggio.
L'impostazione cromatica dell'opera predilige colori smaltati e luci affilate, degni di nota gli effetti di cangiantismo sul piviale di Sant'ugo di Canterbury; la qualità cromatica segna un distacco con le opere precedenti ed apre la strada alle successive pale ufficiali.
Bibliografia
E.Villata, Macrino d'Alba, Editrice Artistica Piemontese, Savigliano, 2000.
G. Romano, (a cura di), Macrino d'Alba, protagonista del Rinascimento piemontese, catalogo della mostra promossa dalla Fondazione Ferrero (Alba, 20 ottobre-9 dicembre 2001), Editrice Artistica Piemontese, Savigliano, 2001.