Madonna con Bambino in trono e Santi
Torino, Museo Civico d'Arte Antica
AUTORE
Macrino d'Alba - Gian Giacomo de Alladio
SOGGETTO
Madonna con Bambino in trono fra i Santi Giacomo Maggiore, Giovanni Evangelista, Giovanni Battista, Tommaso d'Aquino e due donatori
DATAZIONE
1495
UBICAZIONE ATTUALE
Torino, Museo Civico d'Arte Antica
PROVENIENZA
Acquisto dell'antiquario Julius Weitzner nel 1957
TECNICA
Tempera su tavola
Nello scomparto centrale è rappresentata la Madonna seduta in trono, il Bambino benedicente è seduto sul suo grembo; sul gradino del trono vi è un cartiglio Macrinus faciebat 1495. Nello scomparto sinistro compare San Giacomo Maggiore con il bastone del pellegrino nell'atto di presentare il probabile committente dell'opera: un uomo in ginocchio e di profilo con il berretto in mano; San Giovanni Evangelista è identificato dall'aquila ai suoi piedi, suo attributo principale, ed anche dalla coppa da cui spunta un serpente, ricordo di una disputa avvenuta ad Efeso con un sacerdote di Diana che l'aveva sfidato a bere un calice avvelenato. Nell'altro scomparto laterale in posizione simmetrica una donna, anch'essa inginocchiata e di profilo, è presentata da San Tommaso d'Aquino al cui fianco si trova San Giovanni Battista che, vestito con l'abito di pelle di cammello, sorregge il lungo bastone sormontato da una croce, attorno a cui è avvolto il cartiglio con la scritta Ecce Agnus Dei infatti Giovanni additò Gesù ai suoi seguaci come l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo ed è per questo che troviamo l'agnello raffigurato ai piedi del Santo.
In quest'opera troviamo un elemento che ancora una volta colloca con sicurezza Macrino nell'orbita del Pinturicchio; l'artista umbro contribuì alla diffusione della decorazione a grottesca che si affermò nell'ultimo ventennio del Quattrocento al momento del grande afflusso, nella Roma di Sisto IV e poi di Alessandro VI, degli artisti centroitalici con l'elaborazione di repertori decorativi di derivazione classica romana, caratterizzati da forme antropomorfe, vegetali, animali che possiamo vedere in affreschi e quadri di Perugino e Signorelli, ma soprattutto Pinturicchio e Filippino Lippi. Il termine grottesca nasce dal fatto che la maggior parte dei monumenti romani e napoletani erano interrati e dunque di difficile accesso, quindi simili a grotte naturali, come la Domus Aurea di Nerone, grande fonte di ispirazione per gli artisti, il termine poi ben si adattò al carattere fantastico e mostruoso della mistione di forme. Nel trittico di Macrino compare nel fregio del trono la citazione di un motivo decorativo della Domus Aurea che probabilmente è desunto, più che dalla visione diretta, da uno dei molti repertori di modelli circolanti all'epoca fra gli artisti.
L'opera nel complesso ha un impianto più ufficiale rispetto a quelle precedenti, come si può vedere dalla ripartizione simmetrica degli scomparti laterali; questo irrigidimento potrebbe essere interpretato come un avvicinamento di Macrino all'ambiente cortigiano; è verosimile pensare ad un ingresso alla corte casalese senza il quale sarebbe stato difficile ottenere, l'anno successivo, le importanti commissioni per la certosa di Asti e Pavia. Inoltre i personaggi sono inseriti in un contesto architettonico definito da capitelli che trovano un corrispettivo convincente a Casale nel palazzo Tarvisio, oggi noto come palazzo d'Anna d'Alençon e di simili se ne trovano anche in palazzo Serralunga ad Alba.
Gli stemmi presenti sull'attuale cornice non aiutano nell'identificazione della committenza in quanto in vecchie fotografie la cornice appare diversa e solo a partire dal 1915 compare l'attuale cornice, dunque tali stemmi non possono essere attendibili per risalire al nome dei due committenti; quest'opera fa la sua comparsa nella letteratura artistica solo all'inizio del Novecento e non ne parlano le fonti del Settecento e Ottocento, il che può far pensare ad un allontanamento del dipinto dal Piemonte. Solo a partire dal 1957 giunge a far parte delle collezioni civiche torinesi, per acquisto dall'antiquario Julius Weitzner di New York.
La letteratura artistica in passato ha sottolineato il carattere lombardo, in particolare foppesco, del trittico che viene considerato da E. Villata come opera di transizione, dove convive un'apertura verso l'arte cortigiana locale, sensibile all'influsso lombardo, insieme alla forte suggestione da modelli romani come nelle altre opere giovanili, la pala capitolina e il trittico di Francoforte, a cui l'opera in esame è vicina per tecnica e impostazione cromatica, giocata su pochi colori, ma anche per il viso del Bambino e la mano destra della Madonna, per cui sembra che Macrino abbia utilizzato lo stesso cartone.
Bibliografia
E.Villata, Macrino d'Alba, Editrice Artistica Piemontese, Savigliano, 2000.
G. Romano, (a cura di), Macrino d'Alba, protagonista del Rinascimento piemontese, catalogo della mostra promossa dalla Fondazione Ferrero (Alba, 20 ottobre-9 dicembre 2001), Editrice Artistica Piemontese, Savigliano, 2001.