Adorazione del Bambino e Santi
Crea, Santuario dell'Assunta e Tesoro del Santuario
AUTORE
Macrino d'Alba - Gian Giacomo de Alladio
SOGGETTO
Madonna in adorazione del Bambino con i Santi Giovanni Battista, Giacomo, Agostino e Gerolamo. Su due tavolette ritratti di Gugliemo IX Paleologo e Anna d'Alençon
DATAZIONE
1503
UBICAZIONE ATTUALE
Crea, Santuario dell'Assunta e Tesoro del Santuario
PROVENIENZA
Crea, Santuario dell'Assunta
TECNICA
Tempera su tavola
La pala raffigura la Vergine Maria seduta in trono con le mani giunte ad arco ed adorante il Bambino che dorme sulle sue ginocchia. A destra troviamo San Giacomo inginocchiato con accanto il bastone del pellegrino e San Giovanni Battista in piedi, mentre a sinistra si può vedere San Gerolamo inginocchiato e accanto a lui in piedi Sant'Agostino, in abito vescovile, nell'atto di leggere un libro. Sul cartiglio ai piedi del trono vi é un'iscrizione HOC TIBI DIVA PARENS / POSVIT ET FACIETE MACRINO [in rosso] / BLADRATESIS OPUS / IOHES ILLE IACOBVS / 1503 [in rosso]. La pala, collocata sull'altare maggiore del Santuario dell'Assunta di Crea, aveva in origine all'estremità inferiore le due tavolette con i ritratti di Guglielmo IX e Anna d'Alençon, oggi conservate nel Tesoro del Santuario; questa originaria disposizione trova conferma nella perfetta coincidenza fra le cornici delle due tavolette e i segni della battuta negli angoli inferiori della pala. Non si sa quando i due ritratti furono slegati dal complesso di cui facevano parte, ma sicuramente già in un'epoca lontana, in quanto le fonti di fine Settecento, che parlano della Madonna e Santi, tacciono sui due ritratti. Il dipinto è commissionato da Gian Giacomo San Giorgio di Biandrate, vicario generale e dal 1501 consigliere di Guglielmo IX e, secondo alcune interpretazioni, con questa commissione avrebbe voluto sottolineare il ruolo svolto nel fidanzamento fra Guglielmo IX e Anna d'Alençon. Gian Giacomo San Giorgio scelse di non comparire direttamente nel dipinto come donatore, ma preferì rimanere in disparte, limitando la propria presenza all'iscrizione sul gradino del trono e all'allusione al proprio nome tramite la presenza, nella posizione più importante, dei due santi eponimi Giovanni e Giacomo; questa scelta di moderazione si può leggere come la volontà di non intervenire in un progetto iconografico di celebrazione della stirpe, già sviluppato nel santuario, luogo emblematico del dominio paleologo, all'interno della cappella di Santa Margherita, nella prima metà degli anni settanta con la raffigurazione della famiglia di Gugliemo VIII, e nell'affresco sull'arco esterno della stessa cappella. Il Santuario di Crea era officiato dagli agostiniani lateranensi e dunque non stupisce di trovare su lato sinistro il Sant'Agostino che introduce San Gerolamo. L'inserimento dei due ritrattini, pur essendo una soluzione rara, si inserisce bene in questo contesto, se si pensa che il giovane Gugliemo IX era sul punto di assumere il potere e che da lui, unico figlio di Bonifacio IV, dipendeva il destino del marchesato. Come già nelle pale di Lucedio ed Alba, Macrino, ormai nell'orbita della corte paleologa, sceglie un'impostazione da pala ufficiale, utilizza gli stessi cartoni per i santi e preferisce una tavolozza smaltata e brillante. Anche se troviamo una circolazione d'affetti fra i personaggi certo distante dal distacco delle due donatrici di Alba e ancora concessioni paesaggistiche di ascendenza classica, qui i riferimenti culturali del nostro pittore sembrano rivolgersi all'area lombarda più che al giovanile apprendistato Pinturicchio. In particolare lo si può vedere nei piccoli ritratti che, ritenuti dalla critica l'apice della carriera artistica del pittore albese, si distaccano stilisticamente dal gruppo della Madonna e santi, rivelando una grande delicatezza nei passaggi di colore e nelle gradazioni delle ombre.
Il ritratto di Gugliemo si può inserire, per l'impostazione un po' rigida, nella tipologia del ritratto di stato, mentre il ritratto della marchesa guarda a modelli decisamente attuali in quel momento e con i quali pochissimi artisti si andavano confrontando, infatti Macrino dipingendo Anna d'Alençon ha ben presente la ritrattistica di ambito leonardesco, in particolare riprende l'impostazione di tre quarti e lo sguardo obliquo della Belle Ferronière, anche se resta lontano dal modellato scultoreo e dalla rotazione del busto dell'opera leonardesca e non ne coglie la profondità del "moto mentale", così come risulta meccanico e ripetitivo nelle ombre create dalla collana sulla scollatura e dalla crea sul volto in cui si ispira al gioco delle ombre primarie e derivative di Leonardo, senza giungere però a comprendere a pieno la portata teorica.
Bibliografia
E.Villata, Macrino d'Alba, Editrice Artistica Piemontese, Savigliano, 2000.
G. Romano, (a cura di), Macrino d'Alba, protagonista del Rinascimento piemontese, catalogo della mostra promossa dalla Fondazione Ferrero (Alba, 20 ottobre-9 dicembre 2001), Editrice Artistica Piemontese, Savigliano, 2001.