Madonna in adorazione del Bambino con angeli - Pala d'Altare
Torino, Galleria Sabauda
AUTORE
Macrino d'Alba - Gian Giacomo de Alladio
SOGGETTO
Madonna in adorazione del Bambino con angeli; i santi Giuseppe, Giovanni Battista, Gerolamo, Solutore e un donatore (Amedeo di Romagnano)
DATAZIONE
1505
UBICAZIONE ATTUALE
Torino, Galleria Sabauda
PROVENIENZA
Acquisto ad un'asta giudiziaria nel 1997
TECNICA
Tempera su tela (in origine su tavola)
La tavola rappresenta il Bambino Gesù coricato su una stuoia a terra e adorato da angeli e santi; vicino a lui tre angioletti nudi reggono i simboli della passione: uno tiene la colonna e il flagello, un altro la croce, mentre il terzo regge i chiodi e la corona di spine. Accanto al Bambino troviamo inginocchiati nella parte sinistra la Vergine Maria e San Giovanni Battista, accanto a quest'ultimo San Giuseppe in piedi, mentre sull'altro lato in ginocchio si vedono il San Gerolamo e un donatore con la mozzetta rossa dei prelati, dietro cui sta San Solutore, sulla cui aureola è scritto S. SOLVTVS, il santo indossa l'abito militare, ha il vessillo della legione tebea in una mano e nell'altra la palma del martirio. Tutto il gruppo è inserito sotto un arco cassettonato oltre il quale si apre un paesaggio in cui si riconoscono le rovine del Colosseo e le colonne del tempio dei Dioscuri; sotto la volta dell'arco, su di una cantoria sospesa in aria tre angeli adolescenti suonano e cantano. In basso, sulla sinistra, un cartiglio che riporta la firma Macrinus de Alba faciebat è apposto sull'abito di San Giovanni Battista. Ai lati dell'imbotte dell'arco durante l'ultimo restauro sono emerse due teste angeliche di fine Seicento, probabilmente aggiunte per un aggiornamento al gusto corrente.
Le visite pastorali della seconda metà del Cinquecento registrano quest'opera sull'altare di San Solutore nel Duomo di Torino, nel 1778 Vernazza la vide nella sala dell'archivio capitolare del Duomo torinese, ma già nel 1813 era in possesso di un Francese impresario de' foraggi; in quest'occasione fu probabilmente cambiata la firma MACRINVS in PERVSINVS in modo da rendere il dipinto più appetibile per il mercato collezionistico dell'Ottocento; l'opera è passata attraverso diverse collezioni europee e americane per arrivare nel 1997 alla Galleria Sabauda in seguito all'acquisto ad un'asta gudiziaria.
L'altare di San Solutore nel Duomo di Torino era di patronato dei fratelli Giovanni Antonio e Amedeo di Romagnano, la cui famiglia aveva già dato due vescovi alla cattedra episcopale torinese. Il donatore rappresentato in ginocchio dovrebbe essere proprio Amedeo, vescovo di Mondovì, infatti il suo volto denuncia una forte somiglianza con l'effige scolpita per il suo monumento funebre situato nel Duomo di Torino, scelto come luogo per la sepoltura quasi a sancire ufficialmente lo stretto legame famigliare. Il Duomo era stato voluto da Domenico della Rovere, il cui artista preferito era proprio quel Pinturicchio, presso cui Macrino si era formato e non a caso per quest'occasione l'albese rispolverò lo schema della sua opera maggiormente influenzata dalla cultura centroitaliana, cioè il dipinto astigiano del 1498; anche se qui l'inquadratura architettonica è più semplice e meno decorata, l'impostazione è più sciolta e si attenua la rigidità dei personaggi, la citazione del Colosseo è ripresa da un prototipo del Pinturicchio nell'appartamento Borgia in Vaticano, ed ancora le nubi su cui poggiano gli angeli musicanti richiamano il trono della Vergine nella pala astigiana. L'artista lascia scivolare delicatamente la luce, i colori sono intessuti di sfumature più morbide, particolarmente raffinato il manto del San Giovanni, la prova di anatomia più convincente, fino a qui realizzata. Queste differenze sono dovute al fatto che Macrino cerca di mutare il proprio linguaggio, in questo senso l'opera in esame fa da collegamento con la produzione successiva e l'evoluzione si caratterizza come un confronto con la ritrattistica leonardesca e con la produzione di Zenale per l'uso delle luci. Inoltre Macrino in questa circostanza cerca la possibilità di sbocco su di un nuovo mercato, infatti dal 1505 non ci saranno più commissioni da parte della corte casalese, orientata ad un nuovo indirizzo culturale e politico con Gugliemo IX, e non disposta ad accettare la lentezza di aggiornamento di Macrino, impreparato ad accogliere le sofisticate esigenze di Ludovico Tizzoni e Annibale Paleologo, interessati dalla maniera moderna giunta da Roma con artisti quali Eusebio e Gaudenzio Ferrari.
Bibliografia
E.Villata, Macrino d'Alba, Editrice Artistica Piemontese, Savigliano, 2000.
G. Romano, (a cura di), Macrino d'Alba, protagonista del Rinascimento piemontese, catalogo della mostra promossa dalla Fondazione Ferrero (Alba, 20 ottobre-9 dicembre 2001), Editrice Artistica Piemontese, Savigliano, 2001.