La Fiera e il Regime

La Fiera servì non solo ai commerci della città, ma anche a dare lustro e popolarità alla locale classe politica fascista che fece di tutto per renderla popolare, conosciuta, frequentata e presentare personaggi di alto profilo politico perché si muovesse la stampa nazionale; la stessa Casa Savoia, con ripetute visite del Principe di Piemonte e dei duchi di Genova, teneva a mantenere e dilatare quel favore popolare che le assidue frequentazioni di Pollenzo, Racconigi e Fontanafredda nell’ottocento e nei primi anni del secolo avevano radicato nella gente, ma che l’avvento di Mussolini aveva appannato. Le prime cerimonie di inaugurazione avvenivano in piazza Duomo con i discorsi pronunciati dal balcone del Palazzo comunale; con la sistemazione dei locali del Circolo Sociale nel complesso della Maddalena e la realizzazione delle palestre nel cortile del palazzo stesso, le cerimonie di inaugurazione furono tenute in quelle sedi.
Nonostante il successo ormai consolidato in quattro rassegne, solo nel 1933, con la V edizione, si definì ufficialmente il marchio Fiera del Tartufo d’Alba, abbandonando le Feste Vendemmiali. Accanto a quantità enormi di tartufi, presentati su lunghe tavole, si affermavano i vini tipici: il Barolo, il Barbaresco e l’Asti Spumante e si crearono i presupposti che portarono, nel 1934, alla costituzione del Consorzio dei Vini con sede in Alba.
Nei padiglioni, sistemati nel Cortile della Maddalena, nuovamente utilizzabile, e sotto i portici di piazza Umberto I, oggi Savona, furono esposti per la degustazione e la vendita i vini dei più affermati produttori albesi. Diano presentò il proprio Dolcetto in un’enorme damigiana, raffigurata anche in una copertina dell’allora popolarissima “Domenica del Corriere”; in piazza Rossetti un’inesauribile bottiglia di Barbera invitava alla degustazione il pubblico intervenuto per la Fiera. Anche le robiole d’Alba e i torroni del Gallo, della bottega artigianale Sebaste, si imposero come prodotti di qualità; la produzione della frutta e degli ortaggi veniva esaltata in grandiose rassegne nelle piazze Rossetti e Carlo Alberto assieme ai piatti della cucina tipica preparati dalle massaie rurali ed esposti nei locali del Circolo Sociale che, dal 1929, aveva ottenuto dal Comune la sede nel palazzo della Maddalena. Venti bande musicali, carri allegorici da tutto il Piemonte diedero alla fiera una straordinaria vivacità.
Gli alberghi si erano qualificati: i cuochi portavano allora il berrettone bianco, i camerieri la redingote; in tutti i ristoranti era garantito un pranzo con i tartufi a prezzo fisso e il più celebre era il “Savona” di Giacomo Morra che, con felice intuizione, aveva dato al tartufo nome e cognome con un tocco di nobiltà: Tartufo d’Alba, investendo risorse, capacità e fantasia perché la fiera avesse sempre maggiore successo. Per la prima volta bande e fisarmoniche intonarono la canzone ufficiale della fiera dal ritmo salterellante, come la marcia reale.
Anche la grande stampa nazionale incominciava ad interessarsi della Fiera e ad inviare ad Alba le firme migliori per la cronaca. Il Corriere della Sera del 6 novembre 1933 pubblicò la corrispondenza di Orio Vergani che illustrava le magnificenze della manifestazione e si dilungava sulle specialità della cucina albese raccontando il suo incontro con i tartufi d’Alba.
Nel 1934, podestà il dott. Ugo Borgna, la Fiera trovava la sua definitiva collocazione nel mese di ottobre, dal 21 al 28; nasceva il poster che annunciava la manifestazione, la Sagra dei prodotti tipici delle Langhe: tartufi, vini tipici, uva, frutta, torrone, robiole e la settimana albese dei buongustai. I festeggiamenti e le celebrazioni occupavano l’intera settimana; la Fiera si apriva con l’inaugurazione, il convegno regionale alpini, la mostra d’arte regionale al Circolo Sociale, il convegno provinciale di bande musicali, la sfilata di carri allegorici e gruppi folcloristici, il raduno regionale dei centauri, gara di pallacanestro e grande spettacolo pirotecnico. Nella settimana, di particolare interesse al martedì la gara fra i cuochi per la migliore presentazione gastronomica di tartufi e di vivande particolarmente adatte allo sport, con giuria presieduta dal cav. uff. Amedeo Pettini, capo cuoco di S.M. il re, che il giorno successivo teneva una conferenza sul tema “La trifola perla della cucina”. Corsa ciclistica notturna il venerdì 26, riservata ai giovani fascisti e chiusura alla domenica con il convegno regionale Associazione Bersaglieri, primo concorso ginnico sportivo militare riservato agli avanguardisti della provincia, raduno cacciatori, Palio degli Asini, sfilata con carri allegorici e gruppi folcloristici, divertimenti popolari.
Come si può notare un programma che farà testo, con pochi aggiustamenti, dovuti anche ai mutamenti politici, per tanti decenni: si era trovata la fiera giusta, con gli ingredienti idonei a soddisfare tutti e a richiamare folle enormi di turisti che, allora, si chiamavano ancora visitatori.
La Fiera nel 1935 si caratterizzò per la mostra del pittore Macrino nel Palazzo comunale, per la mostra d'arte sacra in San Domenico e la presenza, all’inaugurazione, di un ministro, il sen. Paolo Thaon di Revel (nella foto sopra) accompagnato dall’ormai immancabile senatore Arturo Marescalchi, sempre sottosegretario all’agricoltura e foreste, e dagli altrettanto immancabili gerarchi fascisti provinciali e locali. Veniva a mancare il Palio, ma i carri allegorici erano più che mai sontuosi ed eleganti e richiamavano in Alba visitatori sempre più numerosi.
Con il successo giungevano per la Fiera anche i primi riconoscimenti: nel 1936 veniva concessa la qualifica di provinciale. Era l’anno primo dell’impero, l’VIII Fiera del Tartufo si svolse dal 18 al 25 ottobre e fu inaugurata dal principe Umberto di Savoia e il Maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio, duca di Adis Abeba, inaugurò quella del 1937.
Il Principe Umberto inaugurò, assieme alla Fiera, il rinnovato complesso della Maddalena, con l’edificio delle palestre in funzione, il cortile interamente rinnovato con la casa dell’Osteria di Langa. Terminate le cerimonie, il principe Umberto lasciò Alba per il Castello di Sommariva Perno, ospite dei conti di Mirafiori.
Per il Principe di Piemonte era un gradito ritorno: era stato ad Alba il 25 novembre 1925 per le celebrazioni del centenario del trasloco della salma della B. Margherita di Savoia – Acaja dalla Cattedrale alla chiesa della Maddalena, nell’urna donata dal re Carlo Felice.
Nel Cortile della Maddalena venne costruita, in pietra, l’osteria tipica delle Langhe e nelle palestre furono allestiti i padiglioni della frutta, degli ortaggi e dei tartufi; il Principe Umberto di Savoia tornerà ad Alba il 23 ottobre del 1938, podestà Giuseppe Bressano, per chiudere, assieme ai Duchi di Genova la X Fiera del Tartufo che era stata inaugurata otto giorni prima dal ministro dell’Agricoltura e foreste Edmondo Rossoni: fu l’ultima veramente grande fiera del Regime.
Il duca di Genova, Ferdinando di Savoia e la consorte, Maria Alliaga Gandolfo di Ricaldone, vennero alla Fiera per la Mostra canina cui la duchessa aveva dato il suo patronato.
La venuta del principe Umberto aveva un motivo ben preciso: l’inaugurazione del monumentale organo nella Chiesa di San Paolo, la cui cerimonia, con relativo grandioso concerto, era stata inserita nel programma della Fiera.
Il 29 ottobre 1936, Stampa sera, dedicò quasi un’intera pagina alla Fiera con un’ampia intervista a Giacomo Morra con il significativo titolo “Andiamo a pranzo in campagna ad Alba”, dove il “re del tartufo” esalta i tesori e le squisitezze delle Langhe.
Il giornalista Enzo Arnaldi esordiva scrivendo: «Questa volta non siamo andati proprio in campagna a pranzare, perché Alba è, come tutti sapete, un fior di città dalla tradizione antica e gloriosa e dal presente dinamico e rigoglioso... non è, forse, qui che tutta una popolazione s’è fatta una bandiera d’un motto stupendamente edonistico: mangiare bene è un’arte, bere bene è una scienza? E di quest’arte, di questa scienza non è, forse, qui che opera e prospera l’alfiere più convinto e appassionato: Giacomo Giacomo Mora Morra “re del tartufo” riconosciuto da tutte le Langhe e fin dai colli dell’Astigiano?».
La lunga intervista era corredata da vignette disegnate da Bioletto che avevano allettanti sottotitoli “In quale fiera o festa non c’è posto per il banco del torrone di Alba?” e ancora “...si affiancano quarti di vitelli, polli, fagiani, lepri...”. Non mancava una caricatura di Giacomo Morra con la didascalia «...”re del tartufo” riconosciuto da tutte le Langhe...».
L’intervista riguardava il tartufo, la città, i mercati, la cucina tipica. «E con lui, scrive Arnaldi, dopo un pranzo in cui il tartufo c’entrava da tutte le parti, mentre bottiglie di vecchio divino Barolo s’allineavano nel candore delle mense, polverose ed invitanti, che ci siam messi a parlare di Alba e delle sue squisitezze».
La guerra volgeva altrove i pensieri e dal 1940 al 1942 la fiera durò appena tre giorni, ad inaugurarla era nuovamente il prefetto di Cuneo, Giuseppe Raimoldi, o il presidente della Provincia, l’albese ing. Attilio Molineris; presidente non era più il conte Gastone di Mirafiori, senatore del regno dal 1934; l’organizzazione era curata dal comitato Pro Alba e Langhe e dal Dopolavoro comunale sotto la direzione e presidenza di Serafino Glarey, presidente provinciale dell’Opera Nazionale Dopolavoro. Troppi alpini erano già al fronte e, più che andar per tartufi, c’erano da sfamare tanti sfollati e la Fiera fu sospesa: l’8 settembre del ’43 copriva di macerie tanti sogni di grandezza.
La Fiera del 1940, nonostante il parere contrario del conte Gastone di Mirafiori, era stata autorizzata come Fiera tecnica e commerciale, priva assolutamente, per causa della guerra, di divertimenti e manifestazioni popolari.
Altrettanto avvenne per la Fiera del 1942. Fiducioso nel futuro, il podestà Bressano aveva anche inoltrato la domanda per ottenere, dalla Prefettura e dalla Provincia, l’autorizzazione per la XVI Fiera, ma non giunse mai l’assenso.
Nel programma della Fiera del 1941 furono inserite le celebrazioni del 1° centenario dell’elevazione agli onori degli altari di San Teobaldo Roggeri.

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La Fiera del Tartufo Bianco d'Alba

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