L'utilizzo del Tartufo Bianco d’Alba
Il nostro bello, buono e consistente Tartufo bianco d’Alba, acquistato con cognizione di causa dal trifolao di fiducia, dal negozio specializzato o sul mercato, conservato con attenzione e cura, direi quasi con amore, è arrivato al capolinea, cioè al momento del consumo e al suo compito di soddisfare le papille gustative dei commensali pochi o tanti che siano, ma si consiglia di essere almeno in due che di tartufi sanno. La prima operazione riguarda la pulitura, ossia mondare il tartufo da ogni più piccola particella e converrà operare sotto l’acqua corrente utilizzando uno spazzolino dalle setole consistenti e delicate, che asportando la terrà non grattino via anche particelle di tartufi. Così facendo verrà alla luce il colore autentico del tartufo e si potrà individuare chiaramente l’albero che lo ha prodotto e , osservandolo attentamente, si potrà anche scoprire il punto in cui la radice, intaccato dal micelio, ha generato il prezioso fungo. Quando sarà ben ripulito si consiglia di avvolgerlo nuovamente in una tela pulita, perché tutta l’umidità eccedente venga asciugata, operazione che richiederà circa mezz’ora, sempre lontano da fonti di calore e luce intensa. Dotati di un tagliatartufi in legno di ulivo con la lamella affettatrice in acciaio si procederà, con il perno a vite, a stabilire la consistenza delle lamelle, né troppo spesse, né troppo sottili; la dimensione dello spessore è giusta quando cadono da sole senza impiastricciarsi al tagliatartufi. La pressione per il taglio deve essere lieve, esercitata con le dita, o se la grandezza lo consente, con il palmo della mano, va affettato direttamente sul piatto di ogni singolo commensale, a volte sul piatto di portata con i tartufi più piccoli o con qualche imperfezione; mai affettati un unico piatto che poi verrà fatto passare tra i commensali.