I trifolao premiati

Per il momento, il Tuber Magnatum Pico, il Tartufo Bianco d’Alba, come anche i funghi più nobili, il porcino e l’ovulo reale, non possono essere coltivati, né prodotti in alcun modo, solo la ricerca del trifolao, o del cavatore, può assicurare ai gastronomi e agli appassionati un tartufo meraviglioso, un prodotto sano, maturo, profumato, come i cercatori di funghi sanno trovare porcini e ovuli reali.
Giacomo Morra sosteneva che la produzione annuale poteva essere salvata e incrementata con alcune semplici operazioni: la conservazione dei boschi e delle zone vocate senza l’abbattimento delle piante, la messa a dimora nelle zone vocate, chiamate tartufaie naturali perché lì erano stati trovati tartufi, di nuove piante idonee per sostituire quelle prossime alla fine e per offrire alle spore o micelio più occasioni, o più opportunità, per incontrare la radice giusta al momento fatale. Infine la lotta al bracconaggio, cioè alla zappatura sconsiderata, e sovente infruttuosa, delle tartufaie esistenti: solo il cane sa individuare e segnare il tartufo maturo o molto prossimo alla maturazione.
Senza il lavoro faticoso, continuo, intelligente, metodico del trifolao e del suo cane, non esisterebbe il tartufo, né la Fiera, né tutte le occasioni di turismo, di eccellente gastronomia, che questo meraviglioso fungo sa offrire.
Il trifolao è, per consuetudine, un contadino; ma anche il figlio di un contadino, che avendo vissuto a lungo a contatto con la terra, abbia imparato a conoscere le piante, i luoghi più idonei tra quelli situati a mezzanotte, ma anche posizionati a solatio o comunque ricchi di ombra e umidità, abbia fatto esperienza diretta con padri, nonni e zii cercatori, può diventare un ottimo trifolao.
L’imprenditore agricolo, con piccola azienda, come si usa indicare oggi il contadino, occupa il tempo autunnale, terminato il grosso dei lavori in campagna, o trascurandoli momentaneamente senza danno, diventando trifolao e andando per forre e per boschi, da un pendio all’altro, lungo i fossati di salici rossi, nei viali di tigli, nei pioppeti umidi , ma non acquosi, avvicinandosi a querce, roverelle e carpini, sempre accompagnato dal cane fidato e obbediente dai nomi più comuni e, raramente, astrusi, va alla caccia perenne dell’esemplare che diventi storico per peso, forma, profumo, o prezzo pagato per l’acquisto dal commerciante voglioso di esporre qualcosa di unico o raro.
Il trifolao genuino, professionale si distingue dal ricercatore occasionale - operaio, impiegato professionista, pensionato - per la capacità di muoversi al buio, di confondersi, al persistere della luce dell’alba e del tramonto, con l’ambiente circostante, di passare inosservato e silenzioso e, soprattutto, per l’abilità di puntare sicuro al risultato e far fruttificare il suo vagabondare apparentemente senza meta e senza scopo, in ottimi risultati.
Trifolao famosi, longevi e molto abili da conquistare premi e trofei, di cui si tramandano le memorie sono stati, e in qualche caso lo sono ancora, Giovanni Prandi di Santa Maria di La Morra, la dinastia dei Monchiero, “Barot” di Roddi, Giuseppe Viberti di La Morra, Giovanni Appiano di Castiglione Tinella, Giuseppe Vaccaneo di Castiglione Tinella, Luigi Bacino detto “Bacin” di Neive, Mario Boella di Neive, Battista Bruno di Verduno, Giuseppe Vivalda detto “cupa” di Narzole, Lorenzo Barile di Sinio, Carlo Bugnano di Celle Enomondo, Giulio Ferrino di Rodello, Remigio Marasso in regione Mattarello, Isidoro Ponzio di Neive capoluogo, Eugenio Agnello di Alba, Giovanni Ferrino di Alba, Lidio Trucco di Montà, Giovanni Ravera di Grinzane Cavour, Carlinet er Trifolao di Treiso, Anselmo Voghera alla Cascinotta di Neive.
Il trifolao ha da raccontare una vita intensa passata a cercar tartufi seguendo Diana, Dòra, Pomin, Fruja, Pulin, Zara, per le rive più scoscese e negli anfratti di Langa e Roero: ma se le sue storie sono infinite ancor più sono le leggende che attorno al tartufo ha saputo creare.
Alla fine il trifolao punta alla sua ricompensa, al guadagno e, giustamente, diventa ancor più abile e astuto al momento della vendita del frutto prezioso del suo lavoro. Il compenso ottenuto può integrare o dilatare le entrate dell’azienda; può salvare, a volte, una annata non proprio propizia; sovente serve a soddisfare per sé e per la famiglia delle esigenze non proprio primarie, o a togliersi delle giuste soddisfazioni che, altrimenti, dalla sua terra non otterrebbe mai.
Fatta la ricerca, il trifolao può scegliere tra alcune alternative: un contratto reciproco in esclusiva con un ristoratore o un commerciante in cui se da una parte (il trifolao) vi è l’obbligo morale di consegnare tutto il prodotto nello stato in cui è stato trovato, dall’altra (ristoratore o commerciante) vi è altresì l’obbligo effettivo di acquistare sempre e comunque tutta la merce offerta al prezzo equo di giornata. Ipotesi questa che garantisce al trifolao la certezza della vendita senza consumo e senza perdita di tempo e una remunerazione confacente.
Una seconda alternativa era od è il ricorso al mercato dei commercianti, si tenevano o tengono ogni giorno: il lunedì a Mango e a Monforte, il martedì a Dogliani e Canale per tutto il Roero, il mercoledì ad Asti (tradizionale e noto un tempo quello del bar San Carlo che apriva alle 3 o alle 4 di notte; poi quello di Piazza Statuto), il giovedì a Carrù, il venerdì a Bra, il sabato ad Alba, questi i mercati storici dell’Albese; oggi si tengono mercati e sagre anche a Ceva, Mondovì, Vezza, Montà e ovunque vi sia possibilità di incontro tra domanda e offerta. Ovunque il mercato è legato a luoghi storici e centrali: i portici di Piazza Savona un tempo, la Galleria e il cortile della Maddalena ad Alba, i portici di Canale, bar ampi e centrali, i porticati dei comuni, ale di mercato negli altri paesi.
In questi mercati vige la legge della domanda e dell’offerta, la presenza più o meno numerosa di commercianti e anche di trifolao. Le contrattazioni di svolgono abbastanza rapidamente perché i commercianti desiderano tornare presto alle loro sedi di vendita. I prezzi sono fatti dal mercato e il trifolao può o non può adeguarsi o tentare altre vie.
Se l’offerta occasionale a negozi e piccoli ristoratori richiede un gran tempo, a volte la ricompensa può essere maggiore.
Un’altra alternativa per il trifolao è il mercato per il consumatore diretto: che acquista per sé o per fare omaggi, è un mercato che inizia non prima delle otto (quello dei commercianti inizia in genere alle 5 e alle 7 è tutto finito) si svolge generalmente nelle stesse sedi, ma non tutti sono ugualmente appetibili.
“Il mercato di Alba, diceva già Giacomo Morra nel 1936, è il vero mercato. Chiunque li trova (i tartufi) desidera venderli ad Alba, perché sa che qui son più quotati e meglio valutati: giocano sugli ... scopritori l’utile e la tradizione.
Perché è vano che altri cerchino di passarci davanti, il mercato del tartufo è ad Alba e sarà sempre ad Alba. I contadini arrivano qui da posti lontanissimi, quasi sfigurati dalla fatica da una notte intera di marcia. Si vedono tartufi di tutte le qualità e dimensioni e, concludeva Giacomo Morra, il più grosso di quest’anno me lo hanno portati pochi giorni fa: 600 grammi, è partito per Addis Abeba in dono al viceré Rodolfo Graziani e aggiungeva: «nel giorno della inaugurazione della Fiera sono stati presentati almeno trecento chili. E sono stati venduti tutti; alla sera non se ne trovava più uno»”.
Il mercato del tartufo di Alba per consumatori e turisti inizia non molto presto, ma quando il mercato del tartufo si apre all’alba sono presenti solo i commercianti, grandi ristoratori e sono soprattutto i commercianti che hanno fretta di concludere gli affari. Dopo pochi momenti di incontri, di visione della quantità e qualità dei tartufi, si passano in rassegna i trifolao per vedere le singole partite e poi inizia un commerciante ad offrire un prezzo all’ettogrammo che vale per l’intera partita, piccoli e grandi, perfetti o con qualche difetto, poi, a quanti ha offerto grida “al peso” e chi accetta si avvicina al peso del commerciante. Così, via via, fanno gli altri commercianti aggiudicandosi altre partite. I piccoli negozianti e i ristoratori cercano solo alcuni pacchetti che abbiano una buona quantità, ma anche una qualità molto elevata, una pezzatura medio grande per esporre in vetrina piatti ad effetto oppure, i ristoratori, per offrire ai tavoli esemplari che si prestino ad essere ammirati con interesse, ma anche affettati con lamelle molto ampie e sottilissime, in grado di ricoprire interamente il cibo con tanto volume, poco peso, ma molta scenografia.
Poi vi sono i trifolao che hanno portato sul mercato tartufi di buona pezzatura, in genere superiore ai 90/120 grammi; questi esemplari vengono conservati per il mercato diretto dei consumatori, ma, più sovente, trattati a parte per commercianti e ristoratori senza far vedere, o intendere, di averli sottratti alla partita prima offerta.
I tartufi migliori per peso e qualità, quando in genere superano i 200 grammi, vengono preferibilmente offerti direttamente ai commercianti, ai negozianti e ai ristoratori nelle loro sedi di attività: è il pezzo che serve da attrattiva, a richiamare i turisti, acquirenti particolari ed il loro prezzo è trattato singolarmente e spunta, quasi sempre, un prezzo superiore a quello di mercato anche perché poi, questi esemplari saranno ceduti ad acquirenti che devono fare omaggi e non badano a spese pur di riuscire nell’intento di “fare bella figura”.
Alla Mostra dei Tartufi della Fiera di Alba tutto si consuma in poco tempo, i trifolao hanno fretta di concludere l’esposizione per evitare un calo anche piccolo di peso e per cedere la loro quantità esposta, sempre ottima e composta da pezzi consistenti, a negozianti, commercianti, ristoratori, ma anche a turisti e a spettatori che hanno adocchiato, nel frattempo, quanto a loro interessa.
Nel dopoguerra, ad Alba, si tenevano almeno due esposizioni a concorso per ogni Fiera e a volte anche tre, per invogliare i traifolao a partecipare a tutte le selezioni, solo alla fine si faceva la classifica con i premi più consistenti e remunerativi mentre le singole esposizioni avevano solo diplomi come premiazione.
Il concorso si svolgeva in genere con una sezione per la quantità presentata, una sezione per la qualità: forma, profumo e grandezza degli esemplari, una sessione per il tartufo di maggior peso e, a volte, anche una sessione per il tartufo più grande accompagnato dal cane che l’aveva trovato, in tal caso il premio era un piccolo collare d’oro mentre per gli altri premi vi era il tartufo d’oro, lo zappino d’oro, lo zappino d’argento e il trofeo Giacomo Morra per il tartufo di maggior peso.
Indicando i trifolao premiati, anno per anno (per ora quelli reperiti), vengono anche annotati, quando sussistono, i premi particolari e i riconoscimenti, per così dire, alla carriera.

La Fiera del Tartufo Bianco d'Alba

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