a tempo perso
Poesie in piemontese con traduzione italiana e scritti vari
AUTORE:Sobrero Francesco
ANNO DI PUBBLICAZIONE:2009
PAGINE:109
CATEGORIA: Letteratura del territorio
COLLOCAZIONE: Sala Gallina - Piano 1 STATO DI CONSERVAZIONE: Ottimo
Questo libro esula completamente da filone di studi storici e artistici, ma può essere ascritto al genere etnografico, quasi una testimonianza della memoria di un tempo e di situazioni passate che hanno caratterizzato la vita e il costume della società albese e delle Langhe nel secolo scorso.
"a tempo perso", poesie in piemontese con traduzione italiana e scritti vari, di Francesco Sobrero, contiene poesie che hanno per soggetto fatti e situazioni della realtà quotidiana, avvenimenti folcloristici, sentimenti dell’animo umano e scritti di costume politico, che, se letti in chiave moderna, presentano una sorprendente attualità. Testi questi pubblicati nei primi anni Ottanta sulla rivista «Lettere piemontesi» diretta da Carlo Donat Cattin.
Francesco Sobrero, originario di Rodello, ove è stato consigliere comunale e vicesindaco, laureatosi in lettere, si trasferisce ad Alba per l’insegnamento e viene eletto consigliere comunale nel 1956; assessore della giunta presieduta da Ettore Paganelli dal 1964 al 1970, è stato sindaco della città di Alba dal 1970 al 1972, quando venne eletto deputato al Parlamento, poi riconfermato sino al 1983.
«Francesco Sobrero – scrive Ettore Paganelli nella sua attenta e interessante presentazione – dopo lunga meditazione, ha deciso di dar vita a questa pubblicazione. È una “miscellanea” nel senso più alto e nobile del termine, che consente di recuperare e fissare nelle pagine di un libro poesie e scritti che si sarebbero persi e forse sarebbero rimasti nel chiuso di qualche privata biblioteca. Di questa iniziativa occorre essere grati a Sobrero perché compito di chi ha avuto ruoli importanti nella società è anche quello di lasciare tracce significative delle epoche vissute».
Fra le poesie possono essere inserite nella memoria della tradizione "Dui mandarin", "U girulun", "Řa cius"; agli avvenimenti folcloristici "Řa cursa dij asu" del 1979; al costume e alla trasformazione della città "Ř’ultim arsignö", l’usignolo che, dopo aver nidificato e cantato per tanti anni nella siepe che costeggiava corso Langhe, è spinto dalle nuove invadenti costruzioni a rifugiarsi sulle alte colline.
Ai sentimenti familiari, permeati da dignitosa commozione, "’N memoria" e "Řa cansun ‘d na màma", che rievoca la dolorosa e tragica vicenda dei soldati italiani in Russia.
Il dialetto utilizzato dall’autore, non certo quello letterario e forbito degli scrittori in lingua piemontese, ruspante e proprio delle colline albesi, permette di dare vita e forza a situazioni, sentimenti, aspetti che diversamente si sarebbero persi o non avrebbero avuto quella freschezza e incisività che si ritrova invece in questi testi.
Una lettura piacevole e per certi aspetti sorprendente, a volte una fine e intelligente ironia; altre volte si è contagiati da una grande sensibilità e commozione che coinvolge.
Due scritti riguardano la città: il primo, ormai datato e già noto, del 1977, pubblicato come presentazione del volume "Alba com’era" e l’altro attuale, "Alba com’è", entrambi ricchi di originali annotazioni, quasi a confrontare e sottolineare i cambiamenti che la città ha vissuto in trent’anni.
Il volume è corredato da piacevoli e appropriati disegni di Antonio Buccolo, che con grazia e poesia danno di ogni testo una personale interpretazione.
Un volumetto particolare che si legge d’un fiato e che, a diversità del titolo, non è proprio tempo perso.