Elementi pericolosi
Antifascismo cuneese 1922-1943
AUTORE:Berardo Livio
COLLANA:Il presente e la storia
CASA EDITRICE:Artistica - Savigliano
ANNO DI PUBBLICAZIONE:2010
PAGINE:433
COLLOCAZIONE: Sala Farinetti - Piano 1 STATO DI CONSERVAZIONE: Ottimo
Costituisce il numero 77 della Rivista dell'Istitiuto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea in provincia di Cuneo.
Lo studio di Livio Berardo interessa per molti aspetti e per molti episodi le vicende dell’Albese. Parte dalle elezioni del 15 maggio 1921, quando alla Camera dei deputati vennero eletti Teodoro Bubbio per il Partito popolare ed Urbano Prunotto per il Partito dei contadini, mentre l’avvocato Riccardo Roberto, deputato nel 1919, non venne confermato. Dopo la “marcia su Roma” e l’incarico conferito a Mussolini di formare il governo, Bubbio e Prunotto, per non votare a favore, uscirono dall’aula.
La ricerca tratta poi, in modo ampio ed esauriente, dei fatti di Alba quando, la sera del 31 ottobre 1922, i fascisti, dopo aver svolto un pubblico comizio sulla piazza antistante il palazzo comunale, lo occuparono chiedendo le dimissioni dell’intero Consiglio comunale. Il sindaco Giovanni Vico, il 2 novembre 1922, come si legge nel verbale della seduta, riunì nella sua casa di via Mazzini, stante l’occupazione del municipio, il Consiglio. Intervennero gli assessori Michele Bovio, Filippo Sandri, Sebastiano Montanaro, Giuseppe Giordano, Sebastiano Corino e Natale Durando ed i consiglieri Teodoro Bubbio, Carlo Viglino, Giuseppe Mattia Parusso, Giulio Carletto, Francesco Borrano, Giuseppe Filiberto, Giuseppe Isnardi, Carlo Silvestro Gomba, Teobaldo Magliano, Benedetto Viviani, Giovanni Rinaldi, Leopoldo Mazza, Ettore Brociero, Giovanni Cravanzola e Giovanni Rossello del Partito popolare; Urbano Benigno Prunotto, Angelo Gozzelino, Felice Cagnasso e Luigi Gobino del Partito dei contadini e Riccardo Roberto del Partito comunisti; erano così presenti 27 consiglieri sui 28 in carica. Leggiamo nel verbale della riunione: «Il sindaco Giovanni Vico, assunta la presidenza, espone lungamente le fasi per cui si addiviene alla occupazione del municipio ad opera delle squadre fasciste. Giustifica ampiamente la condotta dell’Amministrazione, che non ha dato assolutamente alcun motivo alla grave violenza patita. Riferisce circa le reiterate imposizioni che l’Amministrazione ha ricevuto a rassegnare le dimissioni e come anche da alcune personalità locali si sono fatte premure per la presentazione delle dimissioni. Rileva come ha creduto perciò necessario convocare d’urgenza il Consiglio comunale per le opportune determinazioni. Avverte infine che l’adunanza si è dovuta tenere necessariamente fuori dalla casa comunale. Bubbio, Roberto, Prunotto, Viglino, Brociero, Borrano, Montanaro, Isnardi ed altri consiglieri, mentre elevano le più vive proteste contro le imposizioni avversarie e lamentano la connivenza delle autorità locali e di talune personalità, esprimono tutti l’avviso che non si debba in modo assoluto cedere alla violenza. Dopo animata discussione in proposito, per appello nominale ed a voti unanimi, si approva il seguente ordine del giorno: “Il Consiglio comunale dichiara di non voler assolutamente sottostare alla violenza degli avversari e di voler di conseguenza mantenere il proprio posto; invita perciò la Giunta a non rassegnare le dimissioni, dichiarandosi pienamente solidale con essa».
Il 6 dicembre il Consiglio tornò a riunirsi nel Palazzo comunale e Teodoro Bubbio presentò formale proposta che la deliberazione del Consiglio comunale, assunta il 2 novembre nella casa del sindaco, fosse inserita negli atti consiliari regolari. La proposta venne approvata all’unanimità dai 22 consiglieri presenti per alzata di mano.
Lo studio di Berardo continua poi raccogliendo e illustrando tutte le iniziative antifasciste e i personaggi protagonisti dell’epoca.
L’ultimo fatto analizzato e riguardante Alba è la vicenda del rifiuto, avvenuto all’Istituto magistrale da parte degli studenti di una classe, di rispondere al saluto al Duce. Il fatto avviene il 12 dicembre 1940; per quei fatti Giovanni Milesi e Bruno Demartin, assistenti del Convitto civico, vengono condannati a dieci anni di reclusione, gli studenti Luigi e Renato Montanaro a 5 anni e Giuseppe Traversa e Clemente Demonte a 6 mesi.
Questo studio si può considerare la più completa analisi fino ad ora effettuata sull’antifascismo cuneese.