Castello di Barolo, La Volta
Il castello della Volta deve il suo nome, ad un tragico avvenimento: il crollo nel 1307, della volta che sosteneva il pavimento del salone,che, a quanto pare, impressionò i buoni abitanti dei dintorni, che non solo l'attribuirono alla stravaganza ed ai rilassati costumi degli abitanti del castello, i Falletti, che nell'edificio avevano fissato la loro principale sede di residenza, ma chiamarono in causa anche le potenze infernali ed il loro grande principe: Satana in persona.
Molto più prosaicamente, l'edificio subì il suo danno o per qualche difetto di costruzione della struttura, o per eccessivo sovraccarico sulla struttura stessa. Si tratta, leggende a parte, di una fortificazione in buona posizione panoramica oggi e tatticamente felice ieri, posta sulla cima di una di quelle colline dell'Albese così ricche di castelli, e in particolare di castelli di buon valore architettonico (Grinzane, Serralunga, Castiglione Falletto, Roddi, tanto per citare i più noti e i più vicini) e che riproduce il tipo a torre interna al giro degli edifici come nell'altro castello di Barolo.
Il castello Della Volta fu fatto costruire nel secolo XII da Manfredo di Saluzzo, discendente di Bonifacio del Vasto. Prima che Alba se ne impadronisse appartenne per qualche tempo alla famiglia De Braida. Da Alba passò poi ai marchesi Falletti, ai quali restò fino al secolo XV quando, per una specie di annessione, entrò a far parte dello stato del Monferrato, che lo ebbe fino al trattato di Cherascodel 1631. In quell'anno insieme ad Alba e ad altre terre fu assegnato al Duca Vittorio Amedeo I di Savoia.
Varrebbe la pena di studiare, in una pubblicazione monografica, la ragione di questa tipologia, certamente felice dal punto di vista architettonico ma strana, anche se non del tutto inconsueta, dal punto di vista difensivo.
E' evidente nell'edificio, l'impronta lasciata dalle varie vicissitudini storiche e costruttive. La caratteristica generale è però tre-quattrocentesca, goticheggiante, così come goticheggianti sono alcuni dei finestroni superstiti - e tra i più belli - della costruzione, alla quale poco hanno aggiunto le epoche successive. Per lo meno dal punto di vista costruttivo. Molto esse hanno invece apportato in distruzione: ultima quella subita nel 1944, quando l'edificio venne sottoposto al fuoco delle artiglierie tedesche, riportando notevoli danni.
Ciò nonostante, sia il suo impianto originario, sia parte del suo apparato decorativo, sono ancora ben leggibili e notevolmente interessanti, varrebbe la pena di intervenire sulla costruzione con un appropriato restauro prima che, come è prevedibile, l'opera del tempo produca danni irreparabili.
Bibliografia
F. Conti, Castelli del Piemonte, vol. III, Görlich, 1980.
A. Piovano, L. Fogliato, G. Cigna, I Castelli itinerari di poesia, storia, arte nel cuneese di ieri e di oggi, Cavallermaggiore, 1976.