Castello di Serralunga d'Alba
E' l'indiscusso gioiello della castellologia cuneese, non forse il più noto in assoluto, ma certo uno dei più notevoli non solo del Piemonte ma di tutto il territorio nazionale. E ciò non per le dimensioni, che sono tutto sommato abbastanza modeste, la splendida posizione panoramica in cui si trova ne amplifica l'effetto, sia dalla vista da lontano che al suo interno, ma per la sua perfezione architettonica e per l'ottimo stato di conservazione.
E, anche, per le sue caratteristiche tipologiche, abbastanza eccezionali per l'area in questione, non molto frequenti nemmeno sul più vasto territorio italiano.
Innanzitutto, la storia. Il luogo su cui sorge il castello era già fortificato in epoca antica, sia pure soltanto con una torre. Essa esisteva già nel XII secolo (1190), quando Manfredo di Saluzzo acquistò Serralunga da Ottone Del Carretto, che l'aveva in feudo da Bonifacio Minore, discendente di Bonifacio del Vasto. Nel 1340, quando la proprietà passò dai Saluzzo ai Falletti, importante famiglia signorile della Langhe, la torre venne abbattuta e il nuovo proprietario, Pietrino Falletti, cui poi successe nell'opera il figlio Goffredo II, eresse al suo posto la costruzione attuale, quella cioè che è giunta, con minime modifiche, ai nostri giorni; senza portarci il ricordo di grandi fatti d'arme o di cronaca che l'avrebbero più o meno profondamente segnata, ma permettendoci di gustare il fascino e il modo di vita di una società tardo gotica che ebbe in Piemonte, assai più che nel resto della Penisola, uno splendore particolare. La costruzione, per diretto interessamento dall'allora presidente della repubblica italiana, Luigi Einaudi, venne affidata alla proprietà e alla tutela dello stato che, dopo gli opportuni restauri, a cura della Soprintendenza torinese, ne garantisce la visita e il mantenimento.
Quanto al suo impianto, è forse sbagliato, o almeno eccessivamente semplificativo, definirlo, "castello". La sua struttura, in effetti, è abbastanza vicina a quella che in Francia si chiama donjon: un'abitazione feudale non circondata da fortificazioni, ma costituente essa stessa un elemento forte, insomma un poderoso torrione racchiudente nella sua struttura massiccia gli ambienti abitativi e di rappresentanza del signore, generalmente un ambiente per piano. Una via di mezzo, dal punto di vista cronologico oltre che tipologico, tra la torre e il castello, che, frequente Oltralpe, risulta abbastanza rara da noi. E tuttavia questo grosso torrione compare qui non da solo, ma come elemento centrale a sua volta difeso da altre torri. Curiosamente, sono tutte diverse tra loro: una è quadrilatera, l'altra tonda e la terza, pure tonda, è però pensile. Diversa è anche la loro altezza, ciò che conferisce all'insieme dell'edificio, pur così semplice quanto a concezione generale, un profilo quanto mai vario secondo le angolazioni da cui è visto.
Al di là del movimento di massa creato dalle torri, nessun altro ornamento appare nel castello, se non le fasce di archeggiature cieche, tre sotto le merlature e una appena sotto l'imposta della torricella pensile, a marcare la quota del secondo paino. Poche bifore danno luce ai grandi stanzoni della costruzione; la ripartizione interna dell'edificio è infatti semplicissima: tutto lo spazio è occupato da tre enormi vani, collegati da una scala a chiocciola che si sviluppa all'interno della torre cilindrica. Nessuna finestra al piano terreno, il più esteso agli attacchi, ad eccezione di qualche apertura di servizio, due grandi bifore al primo, tre al secondo, adibito ad abitazione del signore ed era il più lontano da eventuali offese.
Completava il complesso un fossato, colmato agli inizi del Cinquecento, quando al castello vennero aggiunti, vicino alla torre quadrata, un magazzino a due piani, in cui ricoverare i raccolti di pertinenza signorile, e una cappella, tuttora esistente, con il caratteristico campanile a cuspide. Quanto agli accorgimenti difensivi, oltre al fossato, all'eccezionale altezza dell'edificio, che in questo particolare risente della sua origine in epoca gotica, alle torri e alla merlatura che ne termina i tetti, c'era un ingresso difeso da una semplice saracinesca, protetto da un ponte levatoio scomparso insieme al fossato.
L'insieme, ben conservato, con all'interno alcuni pregevoli e monumentali camini antichi, fu restaurato di tutto punto nel 1950, e aperto alla vista. Eccezionale, tale da valere da sola il viaggio, la posizione paesaggistica, con il paese disposto a cerchi concentrici attorno al Castello e una strada che lo raggiunge percorrendo il crinale della collina.
Bibliografia
F. Conti, Castelli del Piemonte, vol. III, Görlich, 1980.
A. Piovano, L. Fogliato, G. Cigna, I Castelli itinerari di poesia, storia, arte nel cuneese di ieri e di oggi, Cavallermaggiore, 1976.