Castello di Monteu Roero
E' abbastanza raro, anche in terra di così vasti paesaggi come il Piemonte, trovare un castello collinare situato in migliore posizione di questo: alto, sulla cima di una collina scoscesa, dominante per altitudine quelle vicine, così che lo sguardo spazia lontanissimo sui Roeri.
Ciò che oggi è un'eccellente posizione panoramica era, un tempo, una situazione tatticamente felice: fu infatti fortificata ben presto. Le prime tracce di un castello sulla collina di Monte Acuto (come allora, con nome indicativo, si chiamava la località), risalgono infatti nei documenti, alla metà del XII secolo.
Nella sua storia compaiono i nomi di due Imperatori: quello di Federico Barbarossa, che confermava con un diploma del 1152 il possesso ai Biandrate e vi si rifugiava per sottrarsi al contagio quando la peste decimava le sue truppe, e quello di Federico II che, nel 1238, ribadiva quanto concesso in precedenza. Sconfitti i Biandrate, il territorio passava ai Roero che aggiungevano il loro nome alla denominazione del luogo: così Monte Acuto diventava Monteu Roero. Risale a questo periodo il potenziamento della fortificazione e l'aggiunta di apparati prettamente difensivi, tipo torri rotonde, quadrate, fossati, che col tempo scomparvero per lasciare posto all'attuale costruzione che ha caratteristiche di dimora signorile. Le modifiche maggiori vennero effettuate dopo il terremoto del 1887. Colpisce attualmente la linearità e l'eleganza dell'insieme ravvivate ed avvalorate da un fregio, unico ornamento, che si snoda nella parte superiore, da una torre e dal contrasto di colori tra le pareti ed il verde delle piante attorno. Del passato più remoto si sono conservati poi dei capitelli forbiti del 1300 e, di epoca più recente, affreschi del secolo XVII.
La costruzione primitiva doveva essere un tipo di castello-recinto, con una cortina difensiva e forse una torre, sul luogo di quella attuale, a difesa del tutto. L'edificio dovette poi svilupparsi venendo ad occupare lo spazio ancor oggi racchiuso dalle sue mura più esterne, che sono anche le più antiche attualmente visibili. La costruzione residenziale che attualmente costituisce il nucleo principale del castello, snodata intorno alla torre, si fa risalire da alcuni al Quattrocento, in concomitanza con la temporanea cessione del luogo da parte del vescovo di Asti; l'autorità che l'aveva infeudato ai Roero, a Oldrado Lampugnani, cortigiano di Filippo Maria Visconti.
Altri interventi vi fecero i più recenti proprietari, il professor Bruno Pachner e gli Appiano di Torino.
Al castello è legato un curioso episodio, raccontato nel libro "Storia e leggenda dei tesori nascosti nei castelli piemontesi" di Albero Fenoglio. Vi si racconta che, non molti anni fa, il bibliotecario del barone di Winterman, riordinando dei libri, constatava come la parte superiore della rilegatura di un volume fosse circa il doppio della parte inferiore. Tagliata la pelle, dal nascondiglio uscì fuori un foglio di pergamena, che il tempo aveva ingiallito, e su cui erano annotati dei segni incomprensibili. Col permesso del Barone e con l'aiuto di un professore universitario di appurò che si potevano decifrare con le indicazioni provenienti dai testi delle filosofie occulte. Saltò fuori la vicenda di alcuni Spagnoli che, mentre si ritiravano dal Monferrato, dovettero, arrivati su una collinetta in vista del Po, cercare rifugio nei boschi e nascondere il bottino che portavano con loro. Si trattava di un vero e proprio tesoro (sacchetti di monete d'oro, forzieri di monete d'argento, collane, braccialetti, tavolette d'oro e d'argento con intrecci d'angeli lavorati a sbalzo) che sarebbe stato sepolto tra quattro querce, una vecchia torre ed antiche mura su una collinetta prospiciente un paesino. Bisognava dunque, sulla scorta di queste sommarie e piuttosto generiche indicazioni, determinare il luogo. Studiando il possibile percorso degli Spagnoli, considerando che alcuni oggetti presenti nell'elenco del bottino erano sacri, di concluse che non poteva che arrivare da una abbazia del Monferrato; seguendo poi le colline ed il percorso del Po, i ricercatori scorsero la torre di Monteu che si richiamava a quella citata nel documento. Si iniziarono gli scavi che furono presto interrotti perché il Barone dovette trasferirsi per affari e vennero a mancare i mezzi per finanziare una così difficile impresa.
Bibliografia
F. Conti, Castelli del Piemonte, vol. III, Görlich, 1980.
A. Piovano, L. Fogliato, G. Cigna, I Castelli itinerari di poesia, storia, arte nel cuneese di ieri e di oggi, Cavallermaggiore, 1976.