Torre di Santa Vittoria d'Alba
Il castello di Santa Vittoria si riassume in pratica nell'alta, poderosa e al tempo stesso elegante torre, che dal punto più alto della collina domina il paese e il paesaggio per chilometri e chilometri, all'intorno il Roero, zona collinare alla sinistra del Tanaro che prese nome dai Rotari, o Roero, che vi dominarono nel medioevo. Tuttavia la fortificazione non consistette solo nella torre, tracce sono ancora rinvenibili sul luogo.
La collina sulla quale sorge Santa Vittoria termina infatti con uno sprone a forma più o meno di ferro di cavallo: e qui, seguendo l'andamento del terreno, si dispose un tempo la cortina del castello. Non ne rimane, ora, che la parte inferiore, usata come muraglione di contenimento per il giardino che si stende tutt'intorno alla torre. Di questo recinto, talvolta non del tutto propriamente indicato come "semicerchio", ciò che induce a definire come "semicircolare", sarebbe una vera e propria rarità tipologica, l'antica pianta del castello. La torre occupava a un dipresso il centro, forniva cioè il mastio, l'estremo e interno punto forte del complesso. Associata, probabilmente, ad altre costruzioni, ora sparite. Il grande fabbricato che affianca la torre, e che è spesso indicato come "castello" è una costruzione moderna. Assai alta, a pianta quadrata, terminata da un elegante apparato a sporgere, quasi priva di aperture nella sua compatta massa di laterizo, la torre ha caratteri spiccatamente quattrocenteschi. Non è però indicativa per la datazione del castello nel suo complesso.
Le vicende del castello di Santa Vittoria iniziano con origini molto antiche. Nel 1154 papa Anastasio IV ne concedette l'investitura alla Chiesa di Asti. Il Vescovo di Alba nel secolo XIII pensò di erigere un baluardo nella lotta contro Asti, ma nonostante la vittoria di Alba nella battaglia cosiddetta di S. Vittoria, Asti non rinunciò ai diritti sul luogo e nel 1237 il suo Vescovo vi infeudò la famiglia Ardizzone, che nel 1245 prestò omaggio al marchese Tomaso I di Saluzzo. Nel 1349 è la volta dell'investitura di Tommaso Piloso di S. Vittoria e nel 1381 di Antonio Porro, conte di Pollenzo, ad opera di Galeazzo Visconti, duca di Milano. Questo castello permise, con le sue fortificazioni, al Porro di resistere al Principe d'Acaja, che, nemico del Visconti, l'aveva assalito con un potente esercito. Condannato per tradimento Costanzo Federico, figlio del Porro, nel 1432, il feudo ed il relativo castello furono ceduti dal duca Amedeo IX di Savoia a Manfredo di Saluzzo, dal quale, per investitura del vescovo d'Asti, passarono ad Antonio Romagnano, conte di Pollenzo. Il vescovo Ajassa poi cedette il luogo, nel 1630, al duca Carlo Emanuele I, in cambio del feudo di Montechiaro. Nel 1730 ne divenne possessore, per la sua amicizia con Vittorio Amedeo II di Savoia, Luigi Casotti, primo presidente del Senato di Torino, successivamente gran cancelliere e marchese di S. Vittoria, S. Maria, Verduno. Alla sua morte, questi lasciò il castello all'ospedale di Torino, che lo vendette a Carlo Alberto, diventando così parte del patrimonio privato della Casa Reale, con i castelli di Verduno e Pollenzo. La costruzione è stata di recente restaurata dall'attuale proprietario e, come punto di ottima osservazione sulle Langhe, offre anche l'alta torre a cui si può accedere.
La torre, le mura, la collina, sono i più importanti protagonisti, assieme a personaggi immaginari, del famoso romanzo di guerra, da cui fu tratto un film, "Il segreto di Santa Vittoria", scritto dall'americano Robert Crichton e pubblicato nel 1966.
Bibliografia
F. Conti, Castelli del Piemonte, vol. III, Görlich, 1980.
A. Piovano, L. Fogliato, G. Cigna, , Cavallermaggiore, 1976.